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GAZZETTA DELLO SPORT Curve, segmenti e la via retta di questo calcio

Coreografia Derby

(R. Beccantini) Non escludo che, a forza di«segmenteremo la curva», si arrivi a domare il labirinto della discriminazione territoriale: le virgolette sono di Adriano Galliani. «In una società dove tutto è proibito, si può fare tutto: in una società dove è permesso qualcosa si può fare solo quel qualcosa» è invece di Pier Paolo Pasolini. Vinca il migliore. Sul calcio non tramonterà mai il sole, tanto per citare Carlo V. E neppure l’ombra, tanto per tornare a noi. Siamo nel terzo millennio e i confini vanno costantemente aggiornati. Gli ultimi, freschi freschi, si estendono dal gol di Zlatan Ibrahimovic in Paris Saint Germain-Bastia 4-0 al gol di Stefan Kiessling in Hoffenheim-Bayer Leverkusen 1-2. Il primo, un pezzo di bravura assoluta: martellata di tacco ad altezza uomo, con palla filante nell’angolo. In gergo, il colpo dello scorpione; per i topi d’archivio, un’acrobazia non lontana da quella che, nel traffico dell’area, ci rifilò agli Europei del 2004. Il secondo, un pezzo di bravura assoluta ma capovolta: colpo di testa a fil di montante, rete esterna e da lì, complice un generoso buco, rete interna. Mentre l’attaccante del Bayer smoccola, l’arbitro Brych scorge il «gatto» rotolato nel sacco e convalida.

C’è arte in entrambi i casi, nell’eresia del singolo e nella allucinazione di gruppo. Scultura michelangiolesca e surrealismo alla Salvador Dalì, con la «liberazione dell’individuo dalle convenzioni sociali» (sic). Sono le opere che più ci infiammano. Sono gli eccessi di un calcio che ci piace così, al di là di tutte le protesi possibili: lavagne, giudici di porta, supporti tecnologici. Non stiamo parlando di un episodio capitato alla periferia della periferia. Il buon soldato Kiessling è un devoto suddito della Bundesliga e di quel modello tedesco che, in tempi di pace, ha ormai scalzato l’esempio del Barcellona. C’era una volta il calcio metafora della vita. Oggi, esiste la vita, politica e non, mimesi del calcio. I fatti che ho citato racchiudono la volontà di andare oltre in ogni modo, un po’ per follia e un po’ per miopia.

Ibrahimovic ha paura di sembrare banale. Molti non hanno il coraggio di esserlo: e, quindi, zero aiutini al povero Brych, «risarcito» con Milan-Barcellona. La Fifa di Joseph Blatter sostiene l’infallibilità della scienza; l’Uefa di Michel Platini tifa per la fallibilità dell’uomo e raddoppia le scorte di sceriffi. Sono lotte di potere troppo sottili, e filosofiche, per turbare gli sbadigli del popolo. Il capolavoro di Zlatan esalta e sazia «persino» coloro che l’hanno subìto. La topica germanica, viceversa, coinvolge e fa arrabbiare soltanto la parte lesa. Immancabili le scuse, più accurate che accorate, e le critiche al fair play stuprato.

Tutto giusto, tutto vero: ma chi di noi avrebbe il coraggio di confessare in pubblico che ha tradito il proprio «coniuge»?Naturalmente, se Kiessling avesse segnato così in una finale mondiale sarebbe intervenuta, come già per il testapetto Zidane-Materazzi, la moviola mascherata, cara al regime.Ma questa è un’altra storia. Il tacco di Ibrahimovic e il pacco di Kiessling sono lì a segnare comepassa il tempo. E, soprattutto, come vogliamo che passi.

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