(M. Cecchini) San Siro è un urlo lontano, gonfio della frustrazione nerazzurra.Dopo lo 0-3 con cui ha chiuso il primo tempo, la Roma è racchiusa nel ventre dello stadio milanese, sgranando un comprensibile rosario di euforia. Nello spogliatoio, però, c’è una sola persona che ha la stessa faccia ringhiante che aveva prima della partita. Si chiama Rudi Garcia e ai suoi ragazzi che mettono in mostra i primi sorrisi, rivolge un discorso che probabilmente non passera alla storia – neppure in quella minima del calcio – ma che di sicuro rappresenta una cartina di tornasole su due aspetti del metodo di lavoro di cui si avvale: la voglia di concentrazione e l’ascendente che intende avere sul gruppo. In un momento che sa quasi di gioia pura, infatti, l’allenatore francese ritiene opportuno fare questo tipo di discorso ai propri calciatori. «Non abbiamo ancora vinto. Nel secondo tempo l’Inter partirà a testa bassa cercando di farci subito un gol. E perciò dovete tornare in campo come se fossimo ancora sullo 0-0. Non dobbiamo mollare, perché non abbiamo ancora vinto».
Parole sagge, se vogliamo neppure originalissime, ma i giocatori le accolgono in modo inconsueto: con un applauso che sa quasi di promessa. Come si sa, finisce in gloria, con i giallorossi che addirittura cantano nello spogliatoio il solito ritornello riservato ai numeri uno: «E se ne va, la capolista se ne va…». Insomma, la felicità corre sul pentagramma, ma con un messaggio allegato: il direttore dell’orchestra giallorossa è Garcia. E lo spartito da seguire lo decide solo lui.