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GAZZETTA DELLO SPORT Nico Lopez: “Mi sento orfano di Zeman. Guidolin, dammi 5 minuti…”

Nicola Lopez

(F.Velluzzi) Se Medhi Benatia, l’ex di lusso, ha promesso ai compagni una cena in caso di vittoria con l’Udinese, Nico Lopez, l’ex sedotto e abbandonato dalla Roma, e ora a metà tra i due club, rilancia: «Se battiamo i giallorossi invito squadra e staff. L’importante è giocare, anche 5 minuti sarei felice, butterei dentro tutta la voglia che ho».[…]

Alla Roma che cosa non ha funzionato?

«Con Zeman funzionava tutto. Dalla Primavera sono passato in prima squadra, sono entrato e ho segnato. Ho fatto il ritiro con Zeman: dicevano che non sarei riuscito a reggere i suoi allenamenti. Ce l’ho fatta. Con Andreazzoli dopo una partita non ho più giocato. Non mi ha mai parlato e io non chiedo agli allenatori perché non mi fanno giocare».

Eppure la Roma l’ha voluta. Prima della firma è stato addirittura nascosto in un albergo… Ci racconta?

«Ma non è proprio così. L’hotel me lo ricordo: Mancini, mi allenai lì con un professore per 15 giorni. Per 23 giorni, prima della firma, sono rimasto chiuso lì. Il mio procuratore aveva deciso così».

Ora come vive?

«A Udine sto meglio che a Roma, anche se mangio sempre pollo e io amo l’asado. È più tranquilla. Non credo che andrò via a gennaio, fino a giugno starei volentieri qui. Vivo con i miei genitori. Papà aveva un panificio biscottificio a Montevideo. Ha lasciato tutto. A Natale torneremo a casa e vedrò mio figlio Elia che ha un anno e mezzo. Vado solo per quello».

Dura essere padre a 20 anni e non vedere mai suo figlio…

«Mi sono separato dalla mia compagna dopo 5 mesi che era nato. Ho sofferto tantissimo, ma non funzionava».

Due cose: il soprannome «El Conejo» e il numero 17.

«Il soprannome significa coniglio (Lopez ha anche i dentoni alla Fonseca, ndr), coniglio de la suerte. Me lo misero i giornalisti quando giocai la prima partita col Nacional. Avevo il 17, avevo 17 anni, segnai al minuto 17 e in squadra eravamo 25, fui il diciassettesimo ad andare in gol. Vi basta questo?».

Udine meglio di Roma. È vero che non legava con i compagni?

«Con Lamela uscivo, con Osvaldo pure e anche con Burdisso. Con gli italiani no, perché non parlavo la lingua. Ora basta Roma. Pensiamo a batterli. Ma non dobbiamo lasciarli giocare».

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