All’interno di questo spazio, che verrà riproposto con cadenza settimanale (ogni lunedì), saranno scelti “I Fantastici 4” di ogni partita che disputerà la Roma. Dei migliori 4, sia giallorossi che avversari a seconda dei meriti, ne verrà preso uno per ruolo. Potrà esserci un’eccezione per il portiere qualora uno dei due non fosse minimamente impegnato e l’altro sommerso di gol (vedi Roma-Bologna); in tal caso, verrà sostituito dall’allenatore. Per il resto, un difensore, un centrocampista ed un attaccante. Sarà questa la conformazione della rubrica “I Fantastici 4”.
PORTIERE: Stavolta il portiere c’è, eccome se c’è. Nella gara più sentita De Sanctis si fa leone salvando il risultato in occasione del clamoroso intervento compiuto ai danni dell’ex laziale Pandev. La funzione di guida per la squadra è costante, e si manifesta in forma vocale: una onnipresente e saggia eco che giunge dalle retrovie per guidare la celeberrima “cerniera” Benatia-Castan(+De Rossi) di cui tanto – ed a buon diritto – si parla.
DIFENSORE: Castan l’anno scorso c’era, ma dopo un avvio di stagione così qualcuno ha iniziato a chiedersi: non sarà stato forse il pachidermico fratello, lento ed impacciato ? Con il Napoli mette in mostra tutto il repertorio che si confà ad uno dei difensori più ruvidi ed efficaci del massimo campionato: colpo di testa, tackle, perfetto posizionamento, contrasti corpo a corpo ed anche qualche raro ma provvidenziale anticipo. Ma la dote principale rimane la cattiveria, che si manifesta in quello sguardo criminale con cui si rivolge all’avversario dopo averlo fermato.
CENTROCAMPISTA: L’indecisione è grande e l’idea di portare tutto il reparto Pjanic-De Rossi-Strootman è assai stuzzicante. Dunque, spendiamo anzitutto qualche parola sul trio delle meraviglie al comando della mediana giallorossa: è al momento il centrocampo più forte d’Italia ? Io dico di sì senza alcuna riserva. La Juve di questo inizio stagione non sembra all’altezza. Ieri, ad esempio, è stata surclassata a metà campo dai validissimi palleggiatori viola dopo un primo tempo di ordinaria amministrazione. Altre pretendenti ? Non ce ne sono. Roma o Juve con la variante a sorpresa Fiorentina; per ora è Roma senza alcun dubbio. Sentirete gli allenatori “moderni” – cioè quelli che optano per un calcio di grande intensità, pressing alto, ripartenze, tagli e verticalizzazioni – dirvi che le partite, oggi come ieri per la verità, ma soprattutto oggi, si vincono a centrocampo. Vero. La Roma ne è un esempio. Ma torniamo a noi, scegliendo quello che, a mio modesto parere, è stato il migliore. Facciamo una distinzione: balisticamente e “perché t’ha portato i tre punti” punterei il dito verso il “Giotto dei Balcani” Mire Pjanic; per costanza e lavoro sporco, invece, sceglierei Strootman; ma per ogni movimento, tocco, urlo, scivolata, chiusura, lancio, colpo di testa e chi più ne ha più ne metta prendo Daniele De Rossi. E’ lui l’uomo di Garcia, rinato insieme alla Roma grazie a quell’allenatore che dal primo momento gli ha fatto credere “di essere un giocatore suo mentre tutto il mondo stava dicendo il contrario”. Ci si ostina a definirlo centrocampista quando il biondo da Ostia ricorda più un libero d’altri tempi, un Di Bartolomei 2.0 che si muove e ragiona ad una velocità doppia, non fosse altro perché è il calcio del 2000 ad imporglielo. Centrocampista è definitivamente riduttivo, De Rossi in queste prime otto giornate/vittorie ha dimostrato di avere il dono dell’ubiquità, riuscendo ad essere dove i centrali non c’erano più, incredibilmente superati da qualche coraggioso avversario. Ovviamente sa stare nel migliore dei modi anche al suo posto, cioè davanti alla difesa, non disdegnando sporadiche ma eccezionali capatine nell’area avversaria, soprattutto in occasione delle palle da fermo: straordinario per elevazione e tempismo mette in porta “corpi de testa da fa ‘ncanta”.
ATTACCANTE: Non doveva nemmeno essere della partita, ne è addirittura diventato uno dei protagonisti, un simbolo di quelli che piacciono tanto a Rudi Garcia. Un simbolo del gruppo, dell’abnegazione che ogni singolo componente della rosa evidenzia nei confronti di un progetto – perché stavolta senza proclami pare ce ne sia uno, il più chiaro, evidente e redditizio di tutti: vincere – nato in estate tra Riscone e gli States, una sorta di patto tra l’allenatore ed i giocatori. Borriello esulta ai gol dei compagni più di quanto abbia mai fatto per i suoi, entra e da il fritto anche se si è ormai nel recupero inoltrato, rilascia dichiarazioni di abbacinante serenità per cui “non è importante se gioco o no, l’importante è che la squadra vinca”. Incredibile: siamo passati dai 25.000 gol al professionista esemplare dipinto ed elogiato nel post-partita da De Rossi e Florenzi. L’ennesimo miracolo di Garcia è un vero e proprio simbolo. Nello specifico venerdì, sul terreno dell’Olimpico, sgomita e tiene impegnata la difesa partenopea, sale in cielo per mettere giù qualche interessante sponda, difende insieme i compagni nemmeno fosse un centrale aggiunto, di cui indossa a tutti gli effetti le vesti sulle palle inattive battute dagli avversari. Garcia dovrà rimproverarlo per eccesso di “difensivismo” (una volta gli veniva imputato un eccesso di divismo!). Il 2-0 di Pjanic con annessa espulsione di Cannavaro porta indelebilmente la sua firma. Ricordo di aver detto dopo il rigore procurato dal centravanti “adesso chiederà di calciarlo, se lo conosco un minimo lo reclamerà quel tiro dal dischetto…”. Ingenuo o uomo di poca fede ? Le metamorfosi di Rudi non hanno limiti né confini.
Leonardo Franceschini