Bonfirraro Editore sabato 29 ottobre presenta il libro IL CASO SPEZIALE cronaca di un errore giudiziario di Simone Nastasi. La presentazione è prevista per le ore 18,30 presso i locali di SPAZIO ROMA in viale di Tor di Quinto 57/b a ROMA.
Sarà presente l’autore Simone Nastasi. Interverranno, inoltre, Salvo Bonfirraro, editore; Giuseppe Lipera, avvocato difensore Antonino Speziale; Lorenzo Contucci. Moderatore il giornalista di Radio Manà Manà Sport Enrico Pedone.
È veramente Antonino Speziale l’assassino di Filippo Raciti? Il libro, pubblicato da Bonfirraro editore, che racconta il caso Speziale nasce come risposta a questa domanda. La verità giudiziaria è che l’ispettore, morto il 2 di febbraio del 2007, sia stato ucciso a colpi di sottolavello da un ragazzo che all’epoca dei fatti aveva diciassettenne anni, Antonino Speziale in concorso con un’altra persona.
Nel corso del processo, Antonino, verrà condannato per omicidio preterintenzionale, in primo grado, alla pena di 14 anni che poi, in sede di Appello, verranno ridotti ad otto. La Cassazione, nel novembre del 2012, confermerà il verdetto di condanna e la sentenza diventerà immediatamente esecutiva: per Antonino Speziale si riapriranno le porte del carcere. La vicenda giudiziaria si è ormai conclusa ma i dubbi restano. Ad alimentarli sarà proprio la lettura di quegli atti processuali, sulla base dei quali l’imputato è stato condannato in via definitiva. Quegli atti, che fino ad oggi, nessuno tra i lettori ha avuto la possibilità di leggere, perché non sono mai stati resi pubblici. Lo saranno adesso, perché attraverso la lettura di questo libro, che ripercorre le tappe della vicenda giudiziaria, il lettore potrà finalmente venire a conoscenza di che cosa sia stato partorito durante il processo. La speranza per chi scrive è che il lettore riesca ad esercitare il suo sacrosanto diritto: di farsi una propria, libera e completa opinione.
Dalla prefazione di Lorenzo Contucci:
Si sentiva il bisogno di un libro sulla morte dell’Ispettore Raciti?
La risposta, almeno la mia, è sì. Lo dico con convinzione, perché ritengo che – al di là di sentenze che in uno Stato democratico si debbono senz’altro osservare ma che altrettanto indubitabilmente si possono anche criticare – vi siano dei casi che vadano raccontati, in guisa che il lettore possa farsi una opinione propria.
Senza alcun valore giuridico, sia chiaro, ma pur sempre un’opinione: la cronaca è piena zeppa di casi definitivamente giudicati dalla Corte di Cassazione che, una volta riaperti, hanno poi visto l’assoluzione di imputati che – da innocenti – hanno trascorso anni nelle patrie galere, aiutati solo dai propri avvocati che hanno creduto nelle loro parole.
Sgombriamo il campo sin da subito, con una premessa inequivocabile: la morte dell’Ispettore Raciti è la conseguenza di comportamenti che non dovrebbero trovare spazio nelle competizioni sportive. L’assioma è infatti semplice: qualunque sia stata la causa del decesso, ciò non si sarebbe verificato se gli spettatori si fossero comportati correttamente.
Se questo, a livello morale, può bastare per far ricadere la responsabilità dell’accaduto, in modo collettivo, sugli ultras del Catania che hanno partecipato ai disordini, ciò non può invece essere sufficiente per il giornalista d’inchiesta, per l’avvocato e, in qualche maniera, anche per il giudice che debbono, ciascuno nel proprio ruolo, stabilire chi ha fatto cosa, al di là di giudizi di natura morale che possono solo costituire la coloritura di un episodio.
Fonte: Editrice Bose Giesse