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IL MESSAGGERO Festa storica

Curva Sud

(P. Mei) – I Magnifici Sette sono diventati otto: Roma fa sempre qualcosa in più, sennò che Città Eterna sarebbe? Così la Roma avanza sul campionato in fila per otto.
O con otto in fila, le sue vittorie consecutive, e ventiquattro punti, Garcia a colletto aperto e tecnologici appunti, Benitez cravatta e taccuino.

La prova dell’otto, che nella circostanza vale più di quella del nove in matematica, sta anche nella scansione dei minuti decisivi della partita vinta dai giallorossi con 205 Paesi collegati o all’ascolto, il web intasato.
Otto, trentadue, quarantotto, ventiquattro: all’ottavo minuto entrava Maradona, di nero vestito (colore che sfina), circondato dal servizio d’ordine, che potevi confondere con gli agenti di Equitalia, e si poteva ascoltare dal settore napoletano il vecchio “O mamma, mamma, mamma” che sostituiva al momento ’O surdato ’nnammurato, ohi vita, ohi vita mia, che invece è la dolce vita della Roma. Qui pianse per la sua Argentina, Diego, anno 1990, qui non sorrise ieri sera per il suo Napoli. Si fermava quasi lo stadio per applaudire Diego (con la “e” stretta alla napoletana) e quasi quasi pure dal campo volgevano lo sguardo lassù.

Al trentaduesimo minuto usciva Totti, al quarantottesimo Pjanic, sotto gli occhi di Maradona, tirava una di quelle punizioni che ha imparato da Juninho Pernambucano: la precisione è la sua cifra; al ventiquattresimo del secondo tempo era ancora Miralem (era appena entrato Higuain: si trovava in una situazione anche peggiore che quella del tuffo sullo scoglio a Capri, e i punti saranno cinque, ma di distacco) felice per quel gol giallorosso e per la fresca qualificazione mondiale con la sua giovane Bosnia, a portarsi sul dischetto del rigore, stavolta in faccia alla Sud e con di fronte Reina, l’ipnotizzatore di Balotelli che aveva costretto SuperMario al primo errore da quella posizione. Miralem no, lui non sbagliava: Reina di qua, il pallone dall’altra parte.

Di quando in quando rimbalzava dalla Nord alla Sud e viceversa l’invito al Vesuvio, il coro della controversa discriminazione territoriale, al quale, pur con qualche cenno iniziale a Nerone, i partenopei rispondevano con un applauso da applausi. Piuttosto c’erano lanci di fumi e scoppi di petardi e striscioni che erano passati indenni al ferreo controllo su accendini e bottigliette d’acqua. Boh. Corrono ancora sotto la Nord e poi tutto il campo fino alla Sud gli eroi in giallorosso.

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