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IL MESSAGGERO La notte di De Rossi, cullando un sogno

De Rossi

(M.Ferretti)  Daniele De Rossi all’Olimpico con la fascia di capitano al braccio, stasera. Non sarà la prima volta ma, per un sacco di motivi, non sarà una volta come tante altre. Perché Daniele in questo campionato non si è mai presentato con i gradi nel suo stadio, e la “novità” gli regala comunque un filo di emozione. E anche perché De Rossi, dopo un lungo periodo di scarso feeling, è tornato ad essere un simbolo della tifoseria. E c’è riuscito con i fatti, cioè giocando una partita più bella dell’altra. Al punto che adesso sembra la fotocopia a colori del DDR, deluso e deludente, della passata stagione sia da un punto di vista atletico che, soprattutto, sotto l’aspetto psicologico. La Roma è tornata a essere casa sua e questo gli ha restituito una serenità che aveva smarrito per strada. Per colpe sue, certo, ma anche per errori altrui. Con Rudi Garcia si è capito al volo, fin dalla prima telefonata dal Brasile dov’era impegnato con la Nazionale alla Confederations Cup. Ma non v’è dubbio che per costruire questo legame anche il francese, fine psicologo, ci abbia messo parecchio del suo.

QUESTIONE DI FEELING Garcia l’ha recuperato come giocatore della Roma affidandogli le chiavi del centrocampo: De Rossi, regista basso della squadra, è spesso anche il terzo centrale difensivo tra Benatia e Castan. Per completezza di ruolo, e anche per rendimento, in passato un De Rossi così non si era mai visto. Ha fatto benissimo il mediano, ha fatto bene assai il costruttore di gioco e il difensore ma mai aveva fatto così bene tutti e tre i ruoli contemporaneamente. Merito, non c’è dubbio, anche di chi gli gioca al fianco, cioè Pjanic e Strootman. Due grandi centrocampisti che hanno dimostrato di essere complementari con Daniele, al punto di formare unreparto che sa abbinare la qualità alla quantità. Ed è chiaro che giocare in simili condizioni è più facile, per tutti. Nove vittorie di fila alle spalle, l’obiettivo/sogno di contare fino a dieci stasera ed entrare così non soltanto nella storia della Roma ma anche del calcio italiano. De Rossi ci pensa, così ripensa che tutto è nato grazie a quel suo gol di Livorno.

UNA STORIA INFINITA Un gol alla De Rossi vecchia maniera, con la botta inesorabile da fuori area: ecco, già quella sera al Picchi si doveva intuire che le cose erano realmente cambiate, per DDR e per la Roma. Perché se avesse avuto un’altra testa, e se non avesse mantenuto la parola data a Rudi, Daniele quella partita non l’avrebbe mai giocata. Sarebbe stato, quella sera d’agosto, un giocatore del Manchester United. E la Roma, e i tifosi giallorossi, si sarebbero persiun giocatore tornato ad essere straordinario. Il calcio è una brutta bestia, quando ci si mette. Ma riesce anche a confezionare storie bellissime, se gli va. E se qualcuno fa in modo di crearle. De Rossi è uno di questi, uno che non ha mai derogato dai suoi doveri di professionista anche quando non riusciva a dare alla squadra quello che lui avrebbe voluto. Ecco perché adesso che la ruota è girata, lui non sta lì a cantar vittoria o a rinfacciare questo a quello. Qualche giorno fa Daniele ha ricordato che la Roma con Luciano Spalletti ha vinto undici partite di fila ma alla fine è arrivata lontano dalla vetta. Come dire: non abbiamo fatto ancora niente. Tutto è ancora da fare. Anche se stanotte dovesse andare a dormire, come spera lui e ogni tifoso della Roma, da capolista infarcito di record. Il suo più grande desiderio, mai nascosto, è quella cosa lì che nessuno a Trigoria se la sente di nominare: l’importante, però, è che ognuno faccia di tutto per continuare a sognare. Daniele, fascia di capitano al braccio, è lì, in prima fila. 

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