(V.Meta) – La rassegnazione è disperazione confermata, diceva il poeta americano Herny David Thoreau. La rassegnazione a fare bene le cose difficili e sbagliare quelle facili, Gervinho l’ha devoluta in beneficenza con dedica speciale ad Arsene Wenger e pazienza se a Londra non l’hanno presa bene. Si fosse giocata un mese fa, Roma-Bologna, probabilmente quel pallone sul primo palo avrebbe fatto la stessa fine di quelli visti contro Verona e Lazio, finendo preda dei fotografi per la disperazione di pubblico e compagni. Solo che adesso è adesso e la disperazione non è diventata rassegnazione. Semmai esaltazione. Il giorno dopo la doppietta al Bologna, Roma si specchia negli occhi di un giocatore insperato, prezioso, indefinibile e in un certo senso ancora misterioso (esattamente qual è la cosa che sa fare meglio? Cambierebbe qualcosa se giocasse accanto a un vero centravanti?), comunque lontanissimo dall’oggetto non identificato accolto con freddezza dalla stampa italiana e salutato con qualche battutina da quella inglese.
Tre gol in due partite più un assist a Parma, per un totale di 402 minuti nelle sue prime sei gare in Serie A. Il primo anno al Lille ci mise due mesi per trovare il primo gol e finì con 15, è andata meglio all’Arsenal, quando si sbloccò in casa del Blackburn alla sua seconda apparizione, ma poi non andò oltre le quattro reti. «Un buon giocatore, ma non lo rimpiango», le parole del mai amato Wenger, che pure era stato il principale artefice del suo costoso trasferimento all’Arsenal due stagioni fa. Lui che è un distributore automatico di sorrisi, il giorno dopo lascia che a raccontare il suo modo di vivere lo raccontino gli altri: «Gervinho ora è un simbolo – dice Sekou Diabate, da vent’anni ambasciatore della musica e della cultura africana in Italia -. Grazie a quello che sta facendo con la Roma rende felice non solo la comunità ivoriana, ma tutti gli africani. Sta diventando un esempio da seguire. Assieme a Benatia si sta affermando come una delle stelle della squadra di Garcia. Sta facendo ricredere tutti quei romanisti che lo avevano accolto tra mille polemiche. Forse tanti avevano ancora in mente l’esperienza di Lassissi», infortunatosi gravemente in un’amichevole estiva e mai in campo in una gara ufficiale.
E fuori dal campo? «So che è un appassionato di musica africana e che è molto amico dei Magic System (gruppo di Abidjan che ha ospitato l’attaccante anche in un video, ndr) ma spero di non incontrarlo mai a ballare. Ora che sta diventando un faro, deve restare lontano dalla notte. Non è lo stile di vita che deve fare un calciatore».
Diabate non ha di che preoccuparsi, a Gervinho piace fare una vita tranquilla, casa, amici e famiglia, che sta per raggiungerlo nella nuova casa vicino a Trigoria. Il legame con le proprie origini è molto forte, come testimonia l’impegno in una fondazione che si occupa di agevolare i bambini ivoriani nell’istruzione e nella pratica sportiva. «È un modo per restituire una parte di quello che ha ricevuto nella vita» dice che gli sta vicino, descrivendolo come «un tipo timido, con pochi amici, ma sempre positivo e di buon umore». Dicono gli piaccia girare per negozi, ma solo se non c’è una partita in tv: « «A 6-7 mesi aveva un solo desiderio: il pallone. Quando camminava carponi, già gli correva dietro. Ha sempre voluto solamente giocare a calcio – il ricordo della mamma Henriette -. Le sue inseparabili treccine? Penso sia il suo modo di farsi notare in campo». Per lasciare che a disperarsi siano le difese avversarie.