Mentre il mondo intero parla di lui, Rudi Garcia, come è sempre stato, preferisce i fatti alle parole. Preferisce pensare al campo, preferisce pensare a come migliorare (se possibile) la sua Roma che sembra già perfetta. Preferisce concentrarsi sulla trasferta di Milano che sarà la prova del nove, anche se è quella del sette. Perché se con l’Inter arrivasse un’altra vittoria, la settima di fila dall’inizio del campionato, la Roma diventerebbe realmente una delle candidate al titolo. Una settimana importante quella iniziata calcisticamente ieri con la ripresa a Trigoria dopo il giorno concesso al termine della vittoria conto il Bologna, una settimana in cui lavorare sodo per farsi trovare pronti all’appuntamento coi nerazzurri di Mazarri. Oggi, tanto per gradire, ci sarà una doppia seduta. L’unica prima della trasferta di San Siro anche a causa di una settimana corta (si gioca sabato) che precederà una sosta infinita soprattutto se il match col Napoli dovesse saltare.
Ma a quello manca tanto, troppo. C’è da pensare ai nerazzurri (la conferenza stampa è in programma per venerdì), il resto Garcia lo lascia agli altri. E gli altri pensano a lui. Una vera Garcia-mania, che ha contagiato tutta Europa (dove si celebra l’exploit romanista) e che ovviamente è più intensa in una Francia che gongola per uno suo tecnico che si sta mettendo in riga tutti quelli italiani. Parlano gli amici, gli esperti, parlano anche gli ex giocatori di Rudi. Come il 30enne difensore Franck Beria, al Lille dal 2007 e che ha quindi vissuto con Garcia tutti i trionfi: «Si tratta del proseguimento di quello che stava facendo qui – ha detto Beria -. Al di là di quello che sappiamo di lui, ha dovuto lavorare molto perché il calcio in Italia è molto diverso da qui. La sua prima qualità, d’altra parte, è proprio la capacità di adattarsi. Penso che abbia lavorato e si sia adattato alle peculiarità italiane». Capacità di adattamento di fronte a condizioni e situazioni nuove. Che poi è anche il succo della definizione di intelligenza. E’ uno intelligente Garcia, uno brillante, attento ai dettagli fin da piccolo. Come ha spiegato Sandrine, la sorella di Rudi, al quotidiano francese Le Parisien: «Mi piaceva starlo a guardare quando provava le sue prime tattiche con il Subbuteo, non aveva neppure 10 anni». Immaginatevelo il piccolo Garcia, magari coi calzoncini corti, piegato sul panno verde quando cominciava a mettere le basi per riportare la chiesa al centro del villaggio. Intelligenza e capacità di adattamento, ci rientra anche la facilità con cui ha imparato l’italiano: «L’ho chiuso un’ora e mezzo con una mia dipendente. Quando è uscito, lo parlava» ha rivelato Gilberto D’Annunzio, l’amico pizzaiolo di Garcia a Lille. E se sei intelligente, se ti adatti con enorme facilità alle novità, il passaggio da Lille a Roma non ti può spaventare più di tanto: «era il più sereno di tutti noi» hanno detto ancora le persone vicine a lui a Le Parisien.
Che riporta anche le parole di Frederic Bompard, il collaboratore del tecnico giallorosso, quello con cui parla in tribuna via cellulare, quello che lo ha sostituito in panchina contro la Samp: «Non ce l’aspettavamo un inizio di stagione così. Fin dall’inizio abbiamo visto che c’era una squadra di qualità. Bisognava solo far venire fuori queste qualità. Penso che la Roma avesse bisogno di un vero leader nello spogliatoio». Un leader, Garcia. Un leader intelligente.