(G. Giubilo) Tradizione dei romani, essere dei buongustai. E dunque, anche negli aspetti calcistici, non poteva mancare, nella Capitale, l’apprezzamento per quelle splendide produttrici di latticini della Campania.
La bufala, insomma, non ce la siamo mai fatta mancare, bel testa a testa tra le due sponde del Tevere, nel rispetto degli equilibri agonistici. Ne è passata di acqua sotto i ponti di quel Tevere che era biondo, prima di rinunciare al colore tradizionale in omaggio agli scempi perpetrati contro madre natura, ma negli ultimi anni gli esempi di allegra gestione, o magari tristissima a seconda dei punti di vista, sono calati in maniera vertiginosa. I passi da gigante della tecnologia hanno consentito di comperare avendo a disposizione immagini eloquenti, ma anche preziosi riferimenti con gli agenti che governano il mercato internazionale. Tra le immagini offerte dalla televisione e quelle dei Dvd tanti strumenti a disposizione, anche se sulle cassette è necessario operare la tara, perché spesso selezionate dai procuratori. Insomma ricca è la storia dei soldi spesi male e di osservatori discutibili. Per la Roma una sorta di primato, quando un vecchio difensore di Testaccio fu mandato a Cuneo per valutare un giovane locale.
Nella sua relazione, al ritorno, scrisse di essersi maggiormente interessato a un «capoccione, un po’ dribblomane e con un piede solo». Peccato si trattasse di Omar Sivori, che si stava allenando fuori sede. Ma l’episodio testimonia le difficoltà di fare pesca produttiva. Nel valutare gli acquisti non precisamente felici nella storia delle due società, sembra giusto chiarire il criterio di valutazione, i riferimenti vanno soprattutto al rapporto tra qualità e prezzo. Se compri un giocatore di mezza tacca e come tale lo paghi, non c’è spazio per le recriminazioni: e forse, in questo senso, i bilanci tra Roma e Lazio restano in linea.
Dunque non deve sorprendere che il podio giallorosso venga assegnato a un attaccante che i suoi gol, non molti, li ha fatti, mantenendo talvolta un dignitoso livello di rendimento. Purtroppo per lui, quello che regala aFabio Junior un poco individabile primato è il prezzo speso per portarlo in Italia, trenta miliardi delle vecchie lire, un esborso che avrebbe preteso ben altra qualità in campo. Era costato non poco anche Renato Portaluppi che però, nel ritiro altoatesino, aveva messo in mostra risorse tecniche da autentico fuoriclasse. Aveva, il brasiliano, un piccolo limite: il letto raggiunto non prima dell’una e sempre in dolcissima compagnia, poco conciliabile con la vita di un professionista.
Nello stesso periodo, grande delusione anche per Andrade, che era un titolare della Nazionale brasiliana, ma era più lento di una vecchia zia. Curiosamente, i due giocarono insieme l’unica grande partita in giallorosso, in una trasferta europea a Norimberga. Numericamente, meno rilevanti le delusioni del tifo laziale, forse la più difficile da digerire quella provocata da Mendieta, che avrebbe dovuto garantire un salto di qualità e che in realtà offrì alla squadra apporto irrilevante. Ma quella era l’epoca del fenomeno Valencia, le cui risorse atletiche avevano suscitato anche illazioni poco benevole.
(…)Ma per i bidoni certificati bisogna risalire agli anni dell’immediato dopoguerra, soltanto la Roma protagonista di questo mercatino dell’usato tutt’altro che sicuro, quando si andava a pescare perfino nei campi profughi che dopo la Liberazione avevano proliferato nella Capitale. Ma anche da Oltremare arrivava merce con la data di scadenza contraffatta. Da Buenos Aires approdò tra noi il mitico Esperon, centromediano metodista, che era un monumento, ma soltanto nel senso della ridotta mobilità. Data di nascita asserita, ventinove anni, molto più tardi si sarebbe accertato che aveva superato i quaranta, l’età resa intuibile dal basco a celare la pelata e dall’impaccio nei movimenti.
Tra i profughi anche una pesca fortunata: quella di Arangelovich, ingegnere serbo, velocità ridotta ma doti tecniche straordinarie. Toccò a lui, tra l’altro, segnare il rigore contro il Novara, regalato dall’arbitro fiorentino Pera, che avrebbe salvato la Roma dalla Serie B, almeno per una stagione. Oggetto misterioso il romeno Radu Florian, due gol entrambi su rigore, per il resto mai strusciato un pallone.
Non c’erano le videocassette, tante volte si acquistava ad occhi chiusi, si spendevano miliardi per un sudamericano, senza pensare a mandare qualcuno a verificare di persona, in Brasile o in Argentina, non come giocasse il prescelto, ma come vivesse. Risparmi pagati cari.