(E.Menghi) – Giusto cinque mesi fa, la Lazio coronava un sogno mentre la Roma si piangeva addosso per tutto quello che aveva perso in quei novanta minuti di fine stagione. Il gol di Lulic al minuto 71 aveva fatto impazzire di gioia la sponda biancoceleste della capitale, che una finale così non l’aveva mai vissuta. Esattamente cinque mesi dopo, però, è come se fosse passato un trattore a radere al suolo tutto ciò che Petkovic aveva costruito, mentre a Trigoria un bravo architetto è partito da zero e, mattone dopo mattone, è arrivato in cima. Ma dov’è finita la Lazio della memorabile Coppa Italia?
Adesso è la Roma a battere i record, a scrivere la storia. Petkovic, arrivato con il curriculum dello sconosciuto che aveva allenato tra le altre il Sion, il Samsunspor e per cinque anni il Malcantone Agno, aveva portato una ventata nuova dopo l’addio di Reja e la squadra era partita a razzo. Dopo otto giornate, i biancocelesti chiudevano il podio di campionato con 18 punti e avevano fatto peggio solo di Juventus e Napoli, mentre i giallorossi erano quattro lunghezze sotto. Il presidente Lotito aveva portato tutti a cena fuori per festeggiare la bella classifica, sperando di rivederla a girone d’andata concluso. E così è stato: la Lazio aveva 5 punti in meno dei bianconeri di Conte e l’impronta di Petkovic si vedeva eccome. Nel girone di ritorno si è persa, ma il settimo posto finale è stato ben digerito grazie alla vittoria della Coppa Italia[…]
La Lazio, però, è nona dopo otto giornate, con appena 11 punti, di cui uno soltanto conquistato fuori casa. Solo Udinese (12esima), Catania (17esima), Sassuolo (18esimo), Chievo (19esimo) e Bologna (ultimo in classifica) hanno lo stesso ritmo in trasferta. Maran è già saltato ed è arrivato De Canio, Di Francesco è alla guida di una neopromossa quindi ha meno pressioni, Pioli è stato confermato a fatica ed è naturale che anche Petkovic sia sulla graticola, nonostante le smentite del caso. Ai tifosi biancocelesti fa ancora più male vedere la Roma capolista che riceve elogi da ogni parte d’Europa. Un anno fa, di questi tempi, si diceva che non sarebbe mai stata la squadra di Zeman e che l’unico «zemaniano» in campo era Florenzi, mentre Totti faceva da scudo all’allenatore che tanto aveva voluto.
La vera discesa dei giallorossi era cominciata a gennaio: due punti in quattro partite avevano fatto avvelenare il pubblico che appena aveva saputo del ritorno del boemo in panchina aveva messo i soldi da parte per comprare l’abbonamento. La promessa di vedere del bel calcio d’attacco era lo stimolo in più, ma i risultati erano tutt’altro che soddisfacenti. L’esonero arrivato a febbraio la logica conseguenza: la Roma era ottava, la Lazio sempre terza. Andreazzoli aveva perso la gara d’esordio, a Genova contro la Sampdoria, ma la rinascita del Milan e il crollo dei biancocelesti hanno portato al sorpasso dei giallorossi alla ventinovesima giornata, il giorno in cui Totti ha fatto un gol in più di Nordhal.
La classifica, alla fine, non è bastata per ritrovare l’Europa e la Coppa «in faccia» ha spostato gli equilibri verso la parte biancoceleste della città. Sembrava tutto deciso, ma cinque mesi dopo la capitale si ritrova sottosopra: la Lazio sotto e la Roma sopra.