(E. Menghi) – Hanno fallito e si sono ritrovate fuori dall’Europa, ma hanno ricominciato da capo e ora stanno stupendo tutti. Forse è per questo che Inter-Roma di stasera ha un fascino così particolare.
Le due delusioni della scorsa stagione sono le rivelazioni di quest’anno e si incontrano a San Siro per capire fino a che punto potranno spingersi in un campionato che non le vede protagoniste da troppo tempo. In comune hanno un passato da cancellare e una nuova forza psicologica impressa dai loro allenatori. L’ultima volta che la Roma si è presentata a Milano da capolista era il 24 marzo del 2002, aveva cucito sulla maglia lo scudetto e confidava di bissare il successo dell’anno precedente. La formazione allenata da Capello, cinque giorni prima, era uscita dalla Champions per mano del Liverpool e i tifosi interisti glielo avevano rinfacciato così: «Vendeteve casa a Glasgow», lì dove si sarebbe disputata la finale vinta dal Real Madrid.
Con l’Inter non andò molto meglio: finì 3-1 per i nerazzurri (doppietta di Recoba e gol di Vieri), con l’unico «superstite» Totti che aveva provato a tenere a galla i giallorossi. Diecimila romanisti avevano seguito la squadra in trasferta, stavolta saranno circa 4 mila, ma con le stesse ambizioni.Perché sono bastate sei giornate per appiccicare l’etichetta della sfida scudetto su Inter-Roma, che più che altro sembra la notte della verità.
«Non mi piace dire che questa è la prima gara di livello importante –attacca Garcia in conferenza stampa – sicuramente avremo davanti una grande squadra, con giocatori di talento. Non penso che Mazzarri cambierà qualcosa, perché quando le cose vanno bene non si cambiano. Loro giocheranno in casa, questo è un vantaggio, ma siamo tranquilli e lotteremo per vincere. Lo stadio sarà quasi pieno, sarà un bel momento da vivere. Potrebbe essere ancore più bello con tre punti alla fine. Roma-Napoli? Il risultato di Milano per me non cambia niente. Dobbiamo giocare in casa, lo dice il calendario».
Aspettando lunedì, quando dovrebbe arrivare il verdetto del Prefetto sulla partita della discordia, i giallorossi sperano di allungare la striscia di vittorie e, magari, di centrare per la centesima volta la porta di San Siro. È facile ipotizzare una gara a suon di gol tra le due squadre più prolifiche del campionato (16 realizzazioni per l’Inter, 17 per la Roma), ma ci sono le migliori difese da battere: una sola rete incassata da De Sanctis contro le tre subite da Handanovic. Eppure giocano in maniera così diversa. Se Garcia e Mazzarri si mettessero a parlare di tattica davanti a un caffè, di sicuro non si troverebbero d’accordo su nulla, o quasi. Le loro filosofie sono agli antipodi: la Roma ha adottato una più «europea» difesa a quatto e preferisce tenere il pallone, l’Inter, così come faceva il Napoli, attende gli avversari e li pressa senza tregua, pronta ad innescare contropiedi letali. È vero, è capitato anche di vedere Gervinho ripartire sfruttando le sue armi, velocità e dribbling, ma sono proprio le eccezioni a confermare la regola.
Garcia si fida della sua Roma «al 200%» e si sente orgoglioso di quanto fatto finora, ma per la prima volta mette le mani avanti e dice che «sarà molto difficile vincere. Sul piano mentale siamo preparati e dobbiamo dare il massimo: se ne saremo capaci, sicuramente faremo risultato. Vincere sarebbe una cosa grandissima». Quasi inaspettata. Così come lo era immaginare una Roma da vertice dopo un biennio da incubo: «Ma il termine “rivoluzione” per noi francesi è un po’ forte: è una stagione in cui abbiamo iniziato bene le cose. Siamo solo la Roma».
Negli spogliatoi dell’Olimpico c’è una scritta che recita «siamo la Roma» e quel «solo» aggiunto da Garcia sembra tanto stonare, ma fa parte della sua voglia di sgonfiare gli entusiasmi. Lui li ha fatti crescere, lui li tiene a bada.