(G. Giubilo) – Una domenica così, non la potrò dimenticare. Anche la morbida voce di Gianni Morandi ad accompagnare i sogni del popolo giallorosso: che non celebra soltanto l’ottava sinfonia, ma che la festosa notte del sabato proietta già nell’immediato futuro.
Un pomeriggio di festa senza tentazioni di gite al mare e, meno che mai, di avventure nel caos del traffico tra cortei e rischi di guerriglia. Nulla di meglio del sofà nel salotto di casa, davanti al televisore al plasma, quello che rimanda le immagini dell’Artemio Franchi, un prato sul quale scendono i corsari bianconeri, i soli che ancora possono mantenere un distacco accettabile da quella capolista inattesa che esibisce numeri da Camp Nou.
Stavolta il tifo è a senso unico, un tacito appello ai vecchi amici, da Alberto Aquilani a David Pizarro, ma soprattutto a chi li dirige dalla panchina. Vincenzo Montella, l’«aeroplanino» al quale si chiede ancora uno di quei miracoli che avevano consentito alla Roma di conquistare il terzo, e ultimo, scudetto della sua storia, sotto la direzione di Fabio Capello, stratega insigne. A quel maestro e al suo rigore tattico, l’attuale tecnico della Fiorentina era spesso insofferente, la dedizione al sacrificio non era proprio nelle sue corde. Ma poiché è un ragazzo intelligente, da quei rimbrotti ha saputo trarre utilità per costruire la sua nuova carriera, dopo essersi stancato di fare gol.
Un pensiero anche per Daniele Pradè e per Elena Turra, tante le sfumature giallorosse sul viola dei Della Valle, che avranno l’appoggio a distanza di un’intera tifoseria. Che sia interessato o meno poco importa. Da tempo immemorabile il romanista Doc non poteva neanche immaginare di poter guardare tutti dall’alto e augurare, nei limiti sportivi, un bel ruzzolone ai rivali più minacciosi.
Un autentico prodigio, frutto di talento, di professionalità, ma anche di amore, quello sbocciato al primo sguardo tra lo spogliatoio e Rudi Garcia, l’uomo che a Brunico aveva affrontato a brutto muso i cialtroni che insultavano malamente i giocatori, che non erano disinteressati nelle contumelie per la proprietà e i dirigenti. Lì, di fronte a quegli striscioni di produzione industriale, pagati un tanto al metro quadro, è nato l’idillio, da quel giorno ognuno, dai più quotati ai più contestati, fino ai nuovi felicissimi arrivi, un fronte compatto. Non un segno di insofferenza, non un muso lungo, in tutti la ferma volontà di mantenere il più a lungo possibile una posizione di privilegio di dimensioni incredibili.
Rudi Garcia non soltanto ha il merito ai avere ispirato alla squadra un gioco spettacolare nella sua praticità, ma di avere riportato ai livelli gloriosi di una volta Daniele De Rossi, di essersi opposto alla partenza di Pjanic, di avere aggiunto al progetto quel Borriello che era già dato in partenza, di avere zittito gli scettici disgustati dall’arrivo di Gervinho, di avere concesso qualche ritaglio perfino al vecchio Taddei, tutti quelli dell’organico devono sentirsi utili.
Con la spesa più pesante anche la pesca più felice, in Olanda, Strootman a completare un centrocampo stellare. Quel Castan tornato ai livelli brasiliani accanto a Benatia, quel Balzaretti rianimato, la fiducia a De Sanctis scaricato dal Napoli. Rudi e Sabatini laureati con lode.