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TUTTOSPORT Parla l’esperto: “Applicate rigidamente le regole”

(S.Scacchi) – Una modifica della norma che porti verso una maggiore flessibilità. Ma anche la consapevolezza che non si può recedere dalla lotta al tifo più becero. E’ questo il parere del professor Lucio Colantuoni, docente di diritto sportivo, arbitro del Tas di Losanna e direttore del master in Diritto Sportivo dell’Università degli Studi di Milano (la nuova edizione sarà presentata a inizio novembre con un convegno proprio su queste tematiche).

Professor Colantuoni, cosa pensa della chiusura di San Siro in occasione della prossima partita casalinga del Milan?

«Credo che il giudice sportivo abbia semplicemente applicato la nuova normativa che non lascia molti margini di manovra. Il sistema sanzionatorio, introdotto nei mesi scorsi da Uefa e Figc, prevede un’assoluta automaticità: il giudice non può che prendere atto del referto, valutare le condotte ed irrogare le sanzioni tenendo conto dei casi di recidiva».

In questo caso, però, molti sostengono che i cori allo stadio non si sono sentiti.
«Si, ma bisogna capire che il punto di osservazione che conta, secondo la normativa, è quello di chi è sul campo o vicino all’azione per rilevare certi fenomeni. I sostituti procuratori federali sono li apposta. Se un calciatore viene squalificato per qualcosa che succede nel tunnel degli spogliatoi, è ovvio che nessuno può averlo visto dalla tribuna. Immagino che, in questo caso, chi ha rilevato i cori abbia agito con scrupolo».

La Figc come potrebbe modificare la norma dopo le proteste dei club?
«Si, potrebbe concedere più autonomia a chi giudica. Poi introdurre un maggior contraddittorio nel processo. Almeno per queste materie così delicate, sarebbe possibile immaginare un confronto – magari una rapida difesa scritta- anche davanti al giudice sportivo che invece decide “inaudita altera parte” (senza ascoltare la controparte, ndr). E poi una riforma potrebbe consentire alle società di mostrare una fattiva presa di distanza dagli autori dei cori discriminatori».

In che modo? 
«So bene che non è facile ed è vero, come dicono i dirigenti, che in questo modo si rischia di attribuire un notevole potere di ricatto agli ultrà. Ma è altrettanto vero che le società devono contribuire a emarginare queste frange. Non basta una telefonata di facciata in questura o un annuncio dello speaker. Servono interventi concreti per facilitare l’individuazione dei colpevoli. Ecco, di fronte a queste condotte virtuose, si potrebbe pensare di non ricorrere rigidamente alla responsabilità oggettiva».

Qual è il confine tra discriminazione territoriale e s’òttò di campanile? 
«Non è facilmente individuabile. Anche questo va lasciato al libero apprezzamento del giudice tenendo conto del buon senso, della sensibilità collettiva e del contenuto dell’insulto. Sicuramente non si possono più ascoltare negli stadi cori insultanti, “buu” razzisti ma anche manifestazioni di apologia di fascismo e nazismo. In questo la federazione bene fa ad adottare un criterio di fermezza”

Qualcuno si interroga sul danno subito dagli spettatori incolpevoli. 
«E’ un problema spesso sottovalutato. Purtroppo non hanno molte possibilità perché i regolamenti dei club italiani escludono espressamente risarcimenti in questi casi. Proprio per questo motivo suggerisco una maggiore selettività delle sanzioni».

In quale direzione?
«Il sistema ottimale sarebbe quello di individuare con precisione i responsabili e degli specifici sotto-settori. Ad esempio attraverso le riprese e la nominatività dei biglietti. In questo modo si potrebbe chiudere anche solo una porzione di settore»

 

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