(P. Di Paolo) – Solo il calcio riesce dove non riescono né la storia né la politica. Cina e America, nemici storici su altri fronti, si ritrovano complici sul terreno sportivo.Se – come pare – un miliardario cinese entrerà nella Roma, avrà combinato un matrimonio più che improbabile altrove. Segno che la Roma è diventata specchio delle dinamiche dell’economia mondiale? La prima potenza economica a braccetto con la prima potenza sportiva del campionato italiano? Segno che questa sua nuova brillante stagione riesce ad attrarre i capitali e i capitalisti in vetta al mondo?
Certo è che questo vento cinese che soffia sulla squadra capolista di Serie A è un vento del tutto imprevisto. Valutarne gli effetti e le prospettive dal cuore della capitale – quel quartiere Esquilino che coincide con uno dei sette colli su cui la città è stata fondata quasi 2800 anni fa – significa anche fare i conti con un paesaggio urbano meticcio. Il rione intorno alla stazione Termini e a Santa Maria Maggiore, con quella via Merulana resa celebre da un grande romanzo – italianissimo e profondamente romano – e con molte strade che hanno nomi di protagonisti del nostro Risorgimento, per un caso curioso ha vissuto negli ultimi decenni una profonda trasformazione.
Diventando a tutti gli effetti la Chinatown dell’Urbe: negozi, ristoranti, bar, mercati che attorno a piazza Vittorio offrono un colpo d’occhio dalle tinte orientali, uno spaesante e insieme, per molti di noi, domestico jet-lag visivo. Secondo il Rapporto Immigrazione 2011 della Caritas di Roma, gli immigrati cinesi costituiscono circa il 4% della popolazione romana. Nello stesso quartiere Esquilino, in via Bixio (altro nome risorgimentale!) nella scuola “Di Donato” – prima scuola d’integrazione della città – si riunisce un colorato e multiculturale gruppo teatrale: l’Esquilino Young Orchestra, che si aggiunge all’ormai popolare Orchestra di Piazza Vittorio. D’altra parte, la musica è come i sentimenti: conosce un linguaggio unico. E così è anche il calcio, che in novanta minuti, su un campo verde, parla tutte le lingue allo stesso tempo. Se la squadra di una grande città ne è anche un po’ il simbolo e lo specchio, la Roma «un po’ cinese» può essere in fondo anche un’immagine di Roma. E se un giorno il quartiere Esquilino diventasse una roccaforte cinese-romanista, con frotte bambini dagli occhi a mandorla che indossano la maglietta di Totti o di De Rossi (già accade), sarà un bel vedere. Le città e le società, in senso umano e in senso sportivo, cambiano. Ogni piccolo o grande «Risorgimento» parte da una scommessa sul nuovo, da un azzardo.
Fonte: Corriere dello Sport