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CORRIERE DELLO SPORT Scolari: “Totti e Pirlo li convocherei nella Seleçao”
(A. Ramazzotti) L’uomo che può avverare il Grande Sogno del Brasile e cancellare l’amaro ricordo del Maracanaço, il ko della Seleçao nella finale del Mondiale del 1950 al Maracana contro l’Uruguay, è un allenatore di 65 anni che nella sua carriera ha vinto quasi tutto facendo le esperienze più disparate in patria, ma soprattutto negli Emirati, in Giappone, in Portogallo, in Inghilterra e in Uzbekistan. Con i trofei messi in bacheca e i soldi che ha in banca, Luiz Felipe Scolari avrebbe potuto godersi una pensione dorata e invece lo scorso 29 novembre ha deciso di mettersi di nuovo in gioco, di allenare per la seconda volta quella Seleçao che ha già guidato alla vittoria del Mondiale del 2002. Felipao è uno che ama le sfide e, siccome nel suo lavoro è un fuoriclasse, ha iniziato la sua seconda avventura sulla panchina verdeoro alzando al cielo la Confederations Cup. «Ma ora c’è il Mondiale e qua tutti ci chiedono di vincerlo. E’ la nostra unica opzione» ha sottolineato confermando che parla e capire ancora bene l’italiano. (…)
Scolari, segue il calcio italiano?
«Vedo le partite di tutti i campionati europei che trasmettono in tv, soprattutto quelle del vostro perché ci sono molti brasiliani e voglio osservare le loro prestazioni, capire come giocano e se sono in forma. Guardando la Serie A si possono però apprendere anche le novità tattiche proposte dalle vostre squadre».
Qual è la sua favorita per la vittoria dello scudetto?
«In questo momento non si può dire che ci sia una sola favorita. La Roma sta facendo grandi cose ed è prima, ma la Juventus e il Napoli hanno le stesse chances di vincere».
L’incredibile partenza della formazione di Garcia l’ha sorpresa?
«Senza dubbio. Ho visto molte delle partite dei giallorossi e mi sono piaciuti. Mi ha impressionato il sistema tattico usato dall’allenatore per mettere in campo la squadra e il comportamento dei giocatori. Hanno fatto cose incredibili, ma da adesso in poi la Roma inizierà ad incontrare le vere difficoltà perchè, se fino a poche settimane fa era una piccola sorpresa, ora non lo sarà più. Tutto il mondo aspetterà i giallorossi e saprà come affrontarli».
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La stessa scelta di Kakà l’ha fatta Maicon che ha lasciato il City per la Roma.
«A Manchester prima ha avuto un paio di infortuni e poi ha fronteggiato situazioni che non gli permettevano di scendere in campo con continuità. La sua decisione di andare alla Roma è stata ottima: lì può dimostrare le sue qualità e ha più possibilità di essere convocato
dal Brasile».
Prima dell’infortunio, una mano a Maicon l’ha data anche Totti. Le sarebbe piaciuto che il capitano giallorosso fosse nato in Brasile per convocare anche lui?
«A me Totti piace molto. Gioca bene, ha una qualità insuperabile e una grande identificazione con la Roma. Il suo amore per questa squadra è incredibile e noi brasiliani diamo una notevole importanza a certi legami. Se fosse brasiliano avrebbe grandi possibilità di essere convocato, ma ha la fortuna di poter far parte di una nazionale fantastica e spettacolare. Chi gioca nell’Italia potrebbe giocare anche nel Brasile. Lo dico con certezza perché anche la vostra è una squadra forte».
I risultati e il calcio degli azzurri negli ultimi anni l’hanno impressionata?
«L’Italia è organizzata ed esprime un gioco molto produttivo, redditizio e capace di mettere in difficoltà le avversarie grazie alla qualità dei suoi interpreti. E’ una delle principali candidate a vincere il titolo in Brasile».
Quanto merito ha Prandelli in questa trasformazione?
«A me Prandelli piace, sia come allenatore sia come persona. Siamo legati da una bella amicizia fuori del campo e ogni tanto ci sentiamo. Come tecnico dell’Italia ha fatto un eccezionale lavoro di rinnovamento dal punto di vista tattico e dello spirito. Per questo nutro ammirazione nei suoi confronti».
Adesso il centrocampo azzurro per qualità e idea di gioco è simile al vostro?
«Il centrocampo dell’Italia gioca molto bene la palla e ha elementi capaci di sviluppare, con passaggi lunghi o corti, un calcio spettacolare. Pirlo sa “carezzare” il pallone come un artista, ma anche gli altri sono bravi. Il risultato è un calcio bailado che tanti provano a mettere in pratica, ma che l’Italia fa proprio bene».
Pirlo è il giocatore italiano più… brasiliano?
«In tutto il mondo ci sono calciatori che sono una spanna sopra gli altri. Pirlo è uno di quelli che “segnano” un’epoca per la sua qualità, per come tratta la palla e per la sua abilità nel trovare sempre sul campo la posizione giusta. Giocherebbe in qualsiasi squadra e in qualsiasi campionato: in Italia, in Brasile, in Germania e in Inghilterra tutti vorrebbero Pirlo e lui farebbe la differenza ovunque».
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Oltre a Prandelli quali altri allenatori italiani le piacciono?
«Conosco bene Fabio Capello, un mio grande amico. E’ un tecnico fantastico e la qualificazione ai Mondiali con la Russia è stata un’impresa. Ho una bella amicizia anche con Massimiliano Allegri che da anni sta facendo un buon lavoro al Milan».
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Tutti dicono che il Brasile è favorito per la vittoria del Mondiale. D’accordo?
«Come tecnico della Seleçao non posso che puntare a vincere e lo stesso devono fare i nostri giocatori: non c’è un modo diverso di pensare perché tutta la nostra nazione ci chiede questo. L’unica strada per riuscirci, però, è giocare rispettando gli avversari. Avremo il vantaggio del fattore campo, ma anche tante pressioni: non abbiamo un’alternativa alla vittoria perché il secondo o il terzo posto qui non sono considerate opzioni soddisfacenti».
Quali sono le favorite di Scolari?
«Molte possibilità di vincere le hanno anche Italia, Spagna, Germania e Argentina».
E le sue possibili sorprese?
«Dico Colombia e Belgio perché entrambe giocano molto bene».
Le piacerebbe un giorno lavorare in Italia?
«Sì, forse un giorno allenerò in Italia. Adesso dobbiamo giocare il Mondiale, poi in estate terminerà il mio contratto e vedremo. Certo l’Italia è una meta appetita per ogni allenatore di qualsiasi nazionalità: tutti vorrebbero lavorare da voi».
In passato è stato mai vicino a venire nel nostro Paese?
«Sono stato in Italia nel 2002 per parlare con i dirigenti della Federazione. C’era la possibilità che diventassi l’allenatore della vostra nazionale, ma poi andai in Portogallo».
Si dice che nel 2012 anche il Milan l’abbia cercata.
«No, con il Milan non c’erano le condizioni per definire l’accordo».