Perché il titolo dela Roma è cresciuto in tre mesi oltre il 186%? Siamo di fronte ad un caso di insider trading dai risvolti oscuri e clamorosi? Gli uscieri di Unicredit stanno cercando di capire perché anche oggi Federico Ghizzoni ha l’aria terribilmente incazzata.
Una delle cause è sicuramente da ricercare nel grosso problema delle sofferenze bancarie che secondo le ultime stime di Bankitalia ha toccato per l’intero sistema creditizio la cifra spaventosa di 145 miliardi, ed è probabile che il capo di piazza Cordusio non veda l’ora che via Nazionale autorizzi la creazione dello strumento che consentirà di vendere entro il 2017 un quarto dei crediti problematici.
Questo nodo è fondamentale per garantire a Unicredit il suo primato tra le banche italiane e domani a Trieste, quando Ghizzoni incontrerà Putin insieme ad altri banchieri e imprenditori, è probabile che Enrichetto Letta sottolinei il ruolo della banca milanese nei Paesi dell’Est dove si è sviluppata grazie all’impulso di Alessandro Profumo.
La curiosità degli uscieri non si ferma qui perché sono convinti che il malumore di Ghizzoni sia provocato anche da altre grane di minore importanza che disturbano la sua strategia orientata a puntare soprattutto sul core business della banca senza perdere tempo con altre puttanate.
Con grande dispetto la settimana scorsa gli è scoppiata sotto la scrivania la bomba del “Financial Times” al quale il dirigente Giuseppe Scognamiglio, che in banca si fa chiamare “ministro”, ha rilasciato con incredibile leggerezza un’intervista che attribuiva dichiarazioni anti-italiane del presidente della Bundesbank.
La solerzia dell’ufficio stampa di Unicredit ha cercato di tamponare l’incidente con un comunicato di scuse sollecitato da Berlino. Adesso la sorte di Scognamiglio ,che in Unicredit si occupa di public affairs e ha le mani in pasta in una società editoriale molto “familistica”, è segnata. Il manager salernitano a gennaio dovrà raccogliere le sue carte cercando di dedicarsi ai reperti del sito archeologico di Pompei dove senza alcuna competenza pensa di approdare.
Chiusa la parentesi Scognamiglio ecco scoppiare in questa settimana la guerra per cambiare l’assetto azionario della AS Roma. Quando l’italo-americano Pallotta nell’aprile 2011 firmò il suo ingresso nella Neep holding, la scatola dove Unicredit ha il 78% delle azioni, Ghizzoni si dichiarò felice perché l’accordo metteva fine ai boatos su sceicchi arabi, magnati russi e costruttori romani intorno al futuro della squadra provocando soltanto vistosi strappi in Borsa.
A rassicurarlo in questi anni è stato Paolo Fiorentino, il 57enne manager napoletano che dal novembre 2010 è diventato praticamente il numero 3 della banca. Anche lui ,come il diplomatico Scognamiglio, non sembra pero’ contribuire alla serenità di Ghizzoni che tende a liberarsi di tutte le frattaglie estranee al business del credito.
Nell’ultima settimana si è parlato di un ingresso dei cinesi identificati in un primo tempo con il miliardario Wang Jianlin, poi si è capito invece che a Pechino c’è un certo Chen Feng che sarebbe disposto a mettere sul piatto un pugno di milioni grazie al quale Unicredit potrebbe restare della partita con una quota modesta.
Di fronte a questa prospettiva Ghizzoni non ha esitato a incoraggiare l’operazione complimentandosi con Fiorentino e con Maurizio Beretta, l’uomo delle relazioni esterne che per una strana anomalia è anche presidente della Lega Calcio.
Fino a ieri sembrava che tutto procedesse nel modo migliore e che la bozza dell’accordo tra Unicredit e il cinese fosse già stata messa a punto con l’aiuto dell’avvocato Roberto Cappelli e la consulenza di Alessandro Daffina, il 53enne banchiere, amico anche lui di Bisignani, che da 15 anni rappresenta la banca Rothschild in Italia.
L’unico a non sapere che cosa stava avvenendo tra Milano e Roma pare che sia stato l’americano Pallotta che ieri ha sparato un’autentica pallottata (pardon, pallonata) in faccia a Unicredit definendo sciocche e imbarazzanti le informazioni apparse sui giornali. Da parte sua Unicredit ha risposto con un certo fair play nei confronti dell’italo-americano, ma ha sostanzialmente confermato l’esistenza della trattativa.