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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Strootman

Tutta l’Europa si è affacciata sul bordo dell’Olimpico torinese, stasera, per  vedere quanto può durare un miracolo terreno, che non si affida a icone dallo sguardo estatico ma che, al contrario, ha il ghigno demoniaco di Strootman e lo sguardo ipnotico di Maicon: due che ti guardano male anche quando ti vogliono bene, pensa un po’. Per la verità, la Roma di stasera ha anche la concentrazione maniacale di “Nico” Burdisso e il senso euclideo di Bradley, Prohaska 2.0, con molta più corsa e molti meno fondamentali rispetto all’originale.

La colonna sonora granata è scandita dai fischi rancorosi riservati a Balzaretti, dal cui piede parte l’appoggio del vantaggio romanista: Pjanic viaggia sull’out sinistro, elegante come un levriero tirato a lucido per una mostra, piatto morbido in mezzo all’area e Strootman si presenta all’appuntamento con la prima firma olandese nella storia giallorossa. La seconda parte del primo tempo vive di sussulti granata, tra una punizione Di Cerci più bella che insidiosa e un paio di tentativi dalla distanza (Cerci-El Kaddouri) neutralizzati dal miglior De Sanctis di stagione.

Dopo l’intervallo, orgoglio granata e controllo giallorosso; ci può stare tutto, anche che Meggiorini riesca a tener palla come un equilibrista sulla linea di fondo e che Cerci si presenti a un appuntamento mai tanto agognato per scrivere uno a uno, bruciando sul tempo Balzaretti e facendo esplodere l’esultanza granata, con Ventura che tratta la panchina come Bud Spencer faceva con i protagonisti delle sue risse. Garcia cambia abito, lì davanti: fuori Borriello e la sua contraerea, dentro Ljajic, per giocarla a terra e continuare a tenerla il più possibile. Fuori Benatia, che non ci sarà contro il Sassuolo, dentro Marquinho, con De Rossi che passa a fare il centrale.

Il Torino si affida al fallo sistematico e all’agonismo degli inferiori, la Roma continua a stare sul pezzo, anche se il disordine generale la contagia. Un sinistro di Marquinho al primo di recupero è conferma di concentrazione e voglia di continuare a scrivere la storia. È questo il vero dato confortante, più di qualsiasi record: la Roma non muore mai, i Padelli di turno possono solo perdere tempo sui rinvii. Occhio ai cartellini, lo diciamo da un po’.

Paolo Marcacci

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