L’autunno scende di colpo, sull’Olimpico di anime fitte come gocce di pioggia; il Sassuolo si mostra serrato come la morsa del riccio che protegge la castagna: non è, tuttavia, il catenaccio vintage che mise in mostra il Chievo e che in parte ha riproposto domenica scorsa il Torino di Ventura vitaminizzato da Banti. Preferiamo parlare di densità, molto ben organizzata, con le distanze tra i reparti che si riducono ad arte.
La matassa è come ce la si aspettava: difficile da sbrogliare e soprattutto da fronteggiare con pazienza. Ci vorrebbe un colpo risolutore, una giocata singola. Anche di un avversario: Longhi si supera, in proposito, novello Gerd Mueller ai danni dell’allibito Pegolo: 1-0, di pioggia e di destino. Borriello patisce i muri e, intelligentemente, si ricicla nel dare un contributo all’aggiramento, confermando i contenuti dell’intervista pubblicata ieri dalla Gazzetta: non è solo un “centravantone” d’area. Alla mezz’ora, tale Magnanelli gli rovina addosso, senza dolo apparente e rischiando di farsi male più di lui. Alla fine, però, è la caviglia dell’attaccante giallorosso a pungere più degli aghi di pioggia: finisce la gara di Borriello, entra Bradley e la Roma cambia volto, spedendo Pjanic verso lande più avanzate e sistemando Ljajic al centro del mondo offensivo.
Il Sassuolo è una mosca che si dibatte, metafora comprensibile solo se si puntualizza che Pjanic, ancor più se avanzato, è il ragno da cui nasce la tela della Roma. Una tela che avvolge, costringe ma non uccide la partita. Si prova a inventare corridoi, quando la palla riesce a scorrere sull’erba madida, si tocca spesso di fino e ci si guadagna l’applauso; non c’è il colpo di grazia anche per merito di Pegolo, attento e reattivo. Caprari per Pjanic quando manca un quarto d’ora: la chiave della rapidità come ipotesi per archiviare la pratica. Minuto settantasette: rigore solare su Ljajic pure sotto il cielo nero. Giacomelli, perché? Eusebio moltiplica la trazione del Sassuolo, Farias è fastidioso come una zanzara fuori stagione, lì a sinistra.
Il cronometro comincia a guadagnarsi più attenzioni delle avvenenti hostess in Tribuna d’onore, Burdisso per poco non è Befana anticipata per Floro Flores, De Sanctis sancto subito. Il Sassuolo coltiva velleità come chicchi di riso sotto l’umido, servono attenzioni come ci fosse davanti la Juve. Anche l’arbitro sembra pensare che sia la Juve. Pegolo l’ha giurata a Ljajic, a questo punto è una certezza. Tossine. Cori. Rinvii. Tensione. Palla protetta. Voglia di Totti. È finita? No. I secondi pesano come rigori non dati. Tra le tante recriminazioni, si leva alto un “Mortacci vostri”, all’indirizzo di chi pregiudica velleità sacrosante. Come dargli torto?
Paolo Marcacci