(C. Zucchelli) La pioggia e il freddo danno fastidio, l’attenzione dei giornalisti ancora di più: all’Esquilino, sulla Prenestina e al Tuscolano, la comunità cinese di Roma (13.500 residenti secondo un rapporto Caritas del 2012) gradisce poco le attenzioni di questi giorni. Di calcio – dicono – di saperne poco o nulla, si limitano a qualche complimento a Totti. Vicino alla fermata della metro Lucio Sestio, solo la proprietaria di un ristorante si sbilancia: «Se la Roma avesse un presidente cinese saremmo felici». Ayako, 51 anni, parla bene l’italiano, gli altri dicono di capirlo poco.
All’Esquilino, tra maglie contraffatte e foto di Balbo e Cervone, ti chiedono di scrivere «che qui vendiamo tutte cose di qualità», ma il calcio pare lontano. Solo Totti risveglia un po’ d’entusiasmo: «Lui è bravo – racconta una coppia di sposi che gestisce una macelleria vicino a piazza Vittorio – e mandiamo le sue foto ai nostri parenti in Cina. Comunque di questi cinesi che vogliono la Roma non ne abbiamo parlato». Lo hanno fatto però in ambasciata: il titolare ieri non era in sede, ma chi lavorava ha letto interessato i quotidiani. E ai giornalisti chiedeva: «Ma davvero un cinese vuole comprare la Roma?». Non proprio, ma per loro fa poca differenza.