(M. Pagani) – C’era un cinese a Roma, ma nell’eterna barzelletta del nostro presente e nel costante ribaltamento di prospettiva del nostro comatoso pallone, la favola del miliardario orientale diventa solo una storia d’amore e di coltello. Di soldi e di ambizioni esagerate. Storia di una città e di una squadra che a sentirsi felice, si immalinconisce. In soli 4 giorni, nel momento più solare dell’ultimo decennio, la Roma trova il modo di rabbuiare il cielo con un inedito. James Pallotta e Unicredit, coproprietari della lussuosa baracca in parti non eguali, si insultano a mezzo stampa. Insulta l’istituto di credito alla ricerca di un ricco compratore estero, coperto dal linguaggio felpato delle trattative nascoste che possono ferire anche in doppio petto. E insulta lo Zio d’America improvvisamente preoccupato di non poter più sedere da padrone a una tavola che ora (nuovamente imbandita) fa veramente gola, servendosi di una terminologia che sul richiamo al cuore e sulla passione della piazza fa generoso perno. Tutto è inspiegabile, maldestro, grottesco a meno che, come suggerisce Dagospia nel pomeriggio, non si tratti esclusivamente di trame nascoste all’ombra di un insider trading padre di un curioso aumento trimestrale del titolo Roma. Salito, in 90 giorni “Di oltre il 186%”. Ipotesi oscure, tristi, distantissime dal miracolo tecnico-sportivo di Rudi Garcia, Totti e compagnia e da un Olimpico che inaspettatamente è tornato a riempirsi.
A UN PRIMO SGUARDO, nonostante Pallotta inviti il socio a vergognarsi, nessuno prova pudore né rimorsi. Unicredit conferma la trattativa, Jimmy minaccia rappresaglie, i tifosi, increduli, aspettano. Un tempo erano abituati alla ruvida ironia di Dino Viola. Trent’anni dopo, mentre all’orizzonte il rinnovato duello con la Juve evoca splendori sepolti, devono accontentarsi di gestioni più impersonali. Tra il presidente yankee che esordì tuffandosi in piscina e la tempesta imperfetta di questi giorni, c’è un Oceano. Così dopo aver visto presunti sceicchi della periferia perugina apparire in tribuna e poi dissolversi nel nulla e non aver dimenticato il quotidiano assalto alla diligenza di Franco e Rosella Sensi da parte di sedicenti acquirenti più o meno danarosi (ogni tanto arrivava la Finanza e spuntavano i ceppi) la presidente di ieri ha scritto al presidente di oggi in nome di una solidale precarietà. Non più di 10 giorni fa, con la solita levità di tocco, Emanuela Audisio aveva intervistato Pallotta negli States. Avevamo scoperto che Mr. President ama i Beatles e gli Stones e che attrarre capitali dall’e s te ro è “Un’opportunità da sfruttare” e “non è mai sbagliato”. L’hanno ascoltato. Non l’hanno avvertito. James ha cambiato idea.