(V. Meta) – Aveva lasciato la Roma sul più bello, la notte in cui all’Olimpico si inchinava il Napoli di Benitez e i tifosi lì a chiedersi fosse proprio tutto vero. Per questo quando Rudi Garcia rispose a chi gli chiedeva conto dell’impresa che «questa è una vittoria di Pirro», in pochi diedero alle sue parole il peso che meritavano. Per questo adesso che Gervinho è pronto a tornare, a tornare per davvero dopo la panchina contro il Sassuolo, nessuno potrebbe essere più felice del tecnico: «Il suo è un profilo unico – ha detto in conferenza stampa -. Con lui abbiamo tante soluzioni in più, soprattutto sulla profondità». D’altra parte, l’altra faccia della mancanza è sempre il desiderio. I numeri dicono che senza Gervinho la Roma ha vinto due partite con identico punteggio (1-0) e pareggiato le altre due, anche qui con lo stesso risultato (1-1) e sempre facendosi raggiungere dopo essere andata in vantaggio.
«Per me non è un problema giocare senza di lui e senza Totti – dice Garcia -, ma è meglio averli. La cosa peggiore è un’assenza lunga di uno o dell’altro, per questo sono contento del rientro di Gervinho e spero che anche il Capitano torni presto». Per il tipo di gioco che aveva fatto della Roma una macchina ai limiti della perfezione nelle prime dieci giornate di campionato, uno come Gervinho è rimpiazzabile ma non del tutto sostiuibile: Ljajic, che fin dal suo arrivo era stato presentato come il principale concorrente dell’ivoriano, ha caratteristiche diverse, non tanto sul piano dello spunto, quanto per il modo in cui fa giocare il resto della squadra.
Rientrato in Italia domenica scorsa con ancora addosso il sapore della grande festa per la qualificazione al Mondiale della sua Costa d’Avorio,Gervinho ritrova la Roma prima e che prima vuole restare. La Juve è lontana un solo punto, ma quel punto c’è e la squadra di Garcia farà di tutto per mantenerlo. L’infortunio muscolare rimediato contro il Cagliari ci ha messo un po’ a passare, nonostante la voglia di rientrare fosse fortissima, al punto che il tecnico quasi ha dovuto frenarla nelle scorse settimane. Clinicamente guarito da una ventina di giorni, Gervinho doveva lavorare più che altro sul ritmo partita (a maggior ragione se si pensa che il cambio di passo nel suo gioco è tutto) e Garcia ha preferito non rischiarlo nel sofferto finale contro il Sassuolo, quando gli ha preferito Caprari. Adesso che il fiato e le gambe sono stati testati in una partita vera (il ritorno dei playoff contro il Senegal, giocato da titolare), per Gervinho non ci sono più ostacoli: domani tornerà a infilarsi la maglia numero ventisette e non sarà per andare in panchina. Fortemente voluto da Rudi Garcia, che lo aveva avuto ai tempi del “double” a Lille, l’ivoriano era stato accolto con un certo scetticismo, un po’ per ignoranza (qualcuno lo aveva visto giocare all’Arsenal, pochissimi in Francia), un po’ per l’ironia dei giornali inglesi e un po’ anche per l’allergia al gol di cui sembrava soffrire nelle prime partite. A Genoa la svolta, con il Bologna l’apogeo, a Milano il delirio, con tanto di fotomontaggio firmato Strootman che metteva la sua faccia al posto di quella di Usain Bolt in un riuscitissimo “Boltinho”. E adesso per il giaguaro è tempo di ricominciare a correre.