(D. Galli) L’ha firmata apposta lui, questa dichiarazione. Non l’ha fatta firmare a qualcun altro, non l’ha attribuita alla Raptor Oldco LLC, la sua società. Ci ha messo volontariamente sopra nome e cognome, e il testo stesso non è roba di altri. È roba sua, è roba di James Pallotta quella che di fatto è una dichiarazione di guerra a UniCredit, il socio di minoranza di Neep, la holding che controlla l’As Roma. Non è successo niente di strano, il presidente ha semplicemente tradotto in parole il malessere nient’affatto intimo, bensì condiviso con i manager di Trigoria, che da qualche tempo preoccupa la Roma. Che si sente accerchiata. «Contrariamente a quanto riportato recentemente, non ci sono negoziati in corso tra noi e potenziali investitori cinesi. Siamo continuamente costernati per la diffusione di una sciocca e imbarazzante propaganda di false informazioni di Unicredit – è una vergogna che fa male alla nostra squadra e ai nostri tifosi. Chiunque è coinvolto in questo tipo di attività deve essere responsabile di ogni danno creato al nostro club dentro e fuori dal campo e deve chiedere scusa ai nostri tifosi. Forza Roma!».Firmato, James Pallotta.
Questa è la traduzione letterale del testo spedito dal presidente. Poi c’è un’altra traduzione, quella spiccia, terra terra. Questa: mo’ basta. Mo’ basta. La Roma s’è rotta, s’è stufata di leggere che ogni giorno un cinese si alza e sa che dovrà comprare la Roma. Perché – questo è quello che dice Pallotta – secondo lui non è vero nulla. «Foolish». È sciocco. È anche grave, però. È grave, anzi è gravissimo, l’atto di accusa del presidente della Roma al proprio partner. Perché Pallotta non si limita a negare – e questo si sapeva, attenzione – che non c’era stato alcun incontro né a New York né in qualsiasi altro posto al mondo tra lui e un investitore cinese, ma aggiunge che quella della banca è tutta «propaganda», che quelle date in pasto ai media sono «false informazioni». Ma quale Wang Jialin, ma quale Chen Feng, per Pallotta sono tutte balle. Possibile? Possibile che nessun cinese sia interessato alla Roma? O meglio, più correttamente, al 31% in pancia a UniCredit? Teoricamente è possibile, perché c’è stato un giorno che «è fatta, la Roma è di Fioranelli» e il giorno dopo la Roma era sempre in mano ai Sensi. Possibile perché a parte la colossale verità di Soros, per anni si sono inseguite le bufale, e molto spesso – anzi, quasi sempre – non per colpa dei giornalisti. Però stavolta c’è di mezzo un istituto bancario serio, il più grande d’Italia. Possibile, quindi? La Consob comunque non si è fatta sorprendere.
Ha chiesto spiegazioni a Piazza Cordusio. E UniCredit le ha date, confermando però l’esistenza non di una trattativa, ma di «discussioni». Lo ha fatto tramite una dichiarazione all’Ansa resa dal suo portavoce, Renato Vichi. «Con riferimento alle dichiarazioni rilasciate questo pomeriggio dal presidente della A.S. Roma, James Pallotta, su richiesta della Consob, UniCredit – sono le parole di Vichi – conferma che sono attualmente in corso discussioni con un investitore interessato a rilevare una quota della partecipazione detenuta dall’Istituto nella società che controlla la A.S. Roma. UniCredit non intende commentare quanto affermato dal sig. Pallotta e si limita a sottolineare che, successivamente al comunicato diffuso la mattina di giovedì 21 novembre in conformità con le normative in materia di società quotate, nessuna ulteriore dichiarazione in merito è stata rilasciata da Uni- Credit».
Ma Pallotta non deve fare i conti solo con un fronte interno. C’è anche un fronte esterno. Ci sono degli attacchi mediatici che mirano a destabilizzare la Roma, ci sono delle statistiche senza né capo né coda pubblicate forse allo scopo di innervosire Trigoria, ci sono dei titoloni che glorificano lo Juvepower con la Roma prima nonostante torti per i quali nessuno nella Roma ha mai gridato al complotto, c’è chi una settimana scrive che lo stadio della Roma si farà e qualche settimana dopo scrive che lo stadio della Roma non si farà. Ci sono invidie, ci sono malignità, ci sono cattiverie che puntano a minare la serenità di un ambiente capolista ancora virtuale ma che stasera tornerà capolista materiale. Alla faccia loro. C’è un fronte interno, ce n’è uno esterno. E sopra a entrambi c’è la Roma, ci sono i romanisti. Ce ne saranno quarantamila allo stadio stanotte, stanotte che servirà essere gagliardi, fieri eredi della tradizione della Roma testaccina e poi della Roma campione d’Italia, della Roma di Amedei, il Fornaretto uscito di scena tra gli applausi dopo una vita spesa da bandiera pure quando non sventolava più, pure quando dolcemente ne parlava, della sua Roma. Pure quando lontano dai riflettori la Roma la doveva spiegare ai più giovani, ai ragazzi di quel Roma Club che aveva aiutato a fondare nella sua Frascati. Oggi la Roma scenderà in campo col lutto a braccio per onorare la propria storia, per riprendersi quello che le spetta, quello che è suo per diritto naturale, oggi la Roma si riunirà nel nome di Amadei per fare go’ sotto la Curva Paradiso. Quella Curva che da ieri ha un tifoso in più. Ciao Amedeo. E forza Roma.