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IL TEMPO Fuksas: “Stadio Roma? Progetto inguardabile, intruglio spaventoso, pensato male e nel luogo sbagliato”

Fuksas

(A. Austini) – Il parere dell’esperto è una condanna senza appello. Il progetto del nuovo stadio giallorosso fa rabbrividire Massimiliano Fuksas, architetto romano e romanista. Molto romanista. E vorrebbe una «casa» più bella di quella che Pallotta si accinge a presentare.

Non le piace l’idea degli americani?
«Non è un progetto, è un intruglio spaventoso: sembra un Olimpico imbruttito. Oggi si fanno gli stadi molto eleganti, questo invece è di una rozzezza spaventosa. Lo può certificare qualunque rivista o studio d’architettura del mondo».
Cosa c’è che non va?
«Sembra un arena di gladiatori. All’esterno hanno provato a ricreare un Colosseo in piccolo, con pietre e cemento armato. Poi ci hanno messo sopra una struttura leggera: è come se avessero unito insieme due cose totalmente differenti tra loro. Una roba del genere l’ho vista fare raramente. Ma chi l’ha disegnato?»
Dan Meis.
«Mai sentito nominare. Gli americani hanno questa concezione della cultura italiana molto primaria. A questo punto copiassero integralmente il Colosseo, così viene meglio».
Almeno il costruttore le sta bene?
«Con Parnasi ho avuto delle pessime esperienze».
A chi si doveva rivolgere la Roma?
«Potevano andare da Norman Foster. È un architetto serio, bravo, che si fa pagare e non credo che i costruttori romani siano abituati a questo».
Lei ha progettato la Nuvola nel ’98 e non è ancora pronta. Quanto ci vorrà per lo stadio?
«Noi abbiamo quasi finito, solo che non riusciamo a vendere l’albergo per colpa di quei due obbrobri lasciati semi-demoliti lì davanti. Sembra Beirut. Colpa degli imprenditori cosiddetti romani fra cui Ligresti, che romano non è. Con un privato che mette i soldi sarà diverso».
Ma la città è la stessa.
«A Roma avvengono assurdità incredibili. La Provincia acquista una torre per 250 milioni quando le Province si devono chiudere. Sono abituati a vendere prima ancora di cominciare».
Marino le fa rimpiangere Alemanno?
«Col sindaco attuale non ho alcun rapporto. Personalmente non posso dire nulla ad Alemanno: è stato quello che ha creduto più di tutti nella Nuvola. Poi lui ha le sue colpe».
Perché la Roma non ha pensato a lei?
«Non mi chiama il governo, figuriamoci il signor Pallotta. Se mi avessero interpellato, avrei lavorato anche gratuitamente per la Roma».
E come sarebbe lo stadio di Fuksas?
«Deve avere fra i 45 e i 50mila spettatori, attorno va costruito un sistema commerciale minimo, senza speculazioni. Il modello da seguire sono gli impianti inglesi: l’Old Trafford di Manchester è il migliore al mondo. Ben fatto, ben pensato e comodo. Mi piace anche l’Allianz Arena di Monaco».
Giusto scegliere l’area di Tor di Valle?
«Non va bene, va malissimo: non mi piace per niente. Uno stadio non è come un supermercato, che più lo metti lontano dal centro e meglio è. A Testaccio sarebbe difficile, ma l’idea di costruirlo nell’area vicina al Gazometro era interessante perché lo stadio è un pezzo urbano, della città, lo è stato sempre. Come il Foro Italico, un luogo sacro massacrato negli anni. Guardate come avevano abbandonato il meraviglioso impianto della scherma di Luigi Moretti. Poi ci hanno costruito quella schifezza inimmaginabile, volgare, rozza per i tennis. Merito della solita cricca».
Speriamo che almeno la sacralità della Curva Sud venga preservata.
«Deve rimanere scomoda, il resto no. Io vorrei la cosiddetta “bomboniera”, che consenta di avvicinare il pubblico ai giocatori. Deve essere uno stadio bello fuori e dentro, un luogo dove finalmente possano tornare i bambini, le famiglie intere, farle partecipare a quello che resta uno degli spettacoli più bello del mondo. Il tifoso della Roma parla, chiacchiera su tutto ma alla fine è alle sue cose ci tiene molto».
All’Olimpico forse un po’ meno.
«È bellissimo, purtroppo non fu pensato per il calcio».
Il Flaminio?
«Un gran lavoro di Nervi mai utilizzato a dovere».
Che fine ha fatto il suo progetto per la Fiorentina?
«Si è fermato perché manca un posto dove costruirlo: l’area individuata era un parco, ma c’era sempre di mezzo Ligresti. Poi la crisi economica c’è, inutile nascondersi».
Come segue la Roma?
«Prima andavo all’Olimpico, ora ho poco tempo. Spesso guardavo le partite a casa del mio grande amico Venditti,anche Verdone partecipava a queste riunioni iper-intellettuali. Amiamo molto Roma e la Roma».
Lei si è fatto apprezzare in Francia, Garcia ha fatto il percorso inverso.
«È una bella figura, una persona molto equilibrata. Ora tutto quello che lui ha costruito può essere rovinato dagli arbitri: la devono finire, quando vedono la Juve impazziscono, come se avessero un orgasmo. La Roma farà il massimo, i giocatori sono buoni, l’allenatore pure, invece la società non si sa bene cosa sia».
Che intende?
«Non c’è. È inesistente. Sono convinto che Unicredit sia ancora il vero proprietario, invece ci vorrebbe una società più strutturata, anche con gli americani: non ho alcuna antipatia per loro. Però deve rimanere la romanità: siamo una delle poche squadre ad aver mantenuto questo senso d’identità. La Roma è da sempre una parte integrante della città».
Totti merita un omaggio nel nuovo stadio?
«Bisogna intitolarlo a lui: si dovrebbe chiamare lo “stadio Totti della Roma”. Lui è un “pezzo” straordinario, anche di etica. Andrebbe usato da esempio per insegnare ai ragazzi come si deve fare nella vita. Un grande personaggio, ha aiutato sempre tutti: come mi raccontava Capello ai bei tempi, se c’era da andare in un ospedale lui era il primo».
Felice per la rinascita di De Rossi?
«Sono contentissimo sia rimasto. Ha avuto dei guai a livello umano da cui nessuno sarebbe uscito. Invece ci è riuscito e bisogna ringraziare Garcia che gli ha dato fiducia».
Rimpianti per Zeman?
«Chi? Parliamo di cose serie per favore».
Giusto. Oltre alla Lazio, cosa cancellerebbe in città?
«Corviale».

 

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