(M. Belinazzo) – Dopo le bozze annunciate nei giorni scorsi arriva la retromarcia (momentanea) di Governo e relatori sugli stadi.I relatori alla legge di stabilità, infatti, hanno depositato un emendamento in commissione bilancio al Senato che integra solamente il fondo di garanzia presso l’istituto del credito sportivo. Il fondo viene rimpinguato con 10 milioni per il 2014, 15 per il 2015 e 20 milioni per il 2016 per interventi a favore di sicurezza, sviluppo e ammodernamento di impianti già esistenti e non per la costruzione di nuovi. Rispetto alle bozze annunciate, dunque, salta tutta la parte ordinamentale che riduceva i tempi per laristrutturazione e la costruzione di impianti sportivi e degli stadi e la possibilità che era stata data ai costruttori di edificare palazzi per garantire la sostenibilità finanziaria dell’intervento.
Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Giovanni Legnini, ha però annunciato che il problema sarà riaffrontato a Montecitorio. Il testo passerà all’interno della Legge di Stabilità in questa versione “finta” alla Camera e sarà riformulato, per poi tornare al Senato per il varo definitivo (dove non ci sarà probabilmente tempo per ulteriori ritocchi). Una soluzione un po’ barocca che ci si auguri riporti il provvedimento nella sua formulazione originaria.
“Ci auguriamo, e parlo a nome di tutto il mondo dello sport, che la legge sugli stadi diventi realtà. C’è stata confusione, e anche grande disinformazione: la legge viene interpretata come un modo per sistemare gli stadi delle società calcistiche di A, anche di quelle con fini di lucro. Mi sforzo di spiegare che, in realtà, si tratta di una legge sull’impiantistica sportiva, per la quale ci siamo battuti molto anche con questo Esecutivo”, ha spiegato infatti Giovanni Malagò, presidente del Coni. “Puntiamo anche a realizzare impianti in provincia – ha aggiunto – con una soglia minima indoor di 500 e outdoor di 2 mila persone. Possiamo parlare tanto ma, se non c’è la sostenibilità economico-finanziaria del progetto, è inutile scrivere una legge che rimanga virtuale. Se si devono concedere autorizzazioni che contengano tempi certi possono essere ottenuti solo con procedure riconosciute; se entro pochi mesi gli enti locali non danno segnali contrari, allora si può andare avanti con il progetto, nel rispetto dei vincoli locali che impattano con l’opera. Se un imprenditore vuole ristrutturare uno stadio – ha aggiunto Malagò – o realizzarne uno ex novo, al giorno d’oggi, costruendo solo l’impianto non ha alcuna convenienza. Allora bisogna trovare un equilibrio fra questo tipo di investimento e un’integrazione. Ci stiamo confrontando su due terreni: la politica che legifera a livello nazionale e quella che si occupa della gestione del territorio. La politica dice che sarebbe meglio evitare un’integrazione dell’offerta dell’impiantistica. Il problema è delicato. In tutta Europa avviene esattamente quello che dico”.