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LA REPUBBLICA De Rossi, Ljajic & C. la magia si è interrotta e il Sassuolo pareggia

Roma-Sassuolo

(E. Sisti) Quando l’arbitro Giacomelli, pessimo per la gestione delle piccole cose e di qualcuna leggermente più grande, indica al suo assistente il recupero di quattro minuti, Garcia sta dondolando sui piedi come se il prato dell’area tecnica gli scottasse sotto la suola delle scarpe, sembra una via di mezzo fra un leone in gabbia con le zampe legate e Gianni Morandi quando cantava Ma chi se ne importa. Solo che a Garciagliene importa talmente tanto, e ha così tanta paura, per quei quattro minuti restanti che la sua squadra in teoria dovrebbe solo gestire nascondendo il pallone agli avversari, che si volta indietro urlando qualcosa alla panchina, cerca lo sguardo di Bompard, se potesse entrerebbe lui in campo al posto di qualche fantasma (Caprari, Marquinho, Burdisso), se potesse forse non rifarebbe certi cambi.

Il tipico rumore della struttura che cede (in serie A basta poco per farsi riprendere) l’aveva già emanato Burdisso una decina di minuti prima: era una specie di acuto da tenore spompato. L’argentino sbaglia un disimpegno scolastico, pressato da Zaza colpisce col pallone la testa di un avversario (scena triste) e involontariamente lancia a rete Floro Flores. De Sanctis evita il disastro e poi guarda inferocito il compagno come se volesse staccargli la testa. Passata la paura per la Roma? No. È solo l’antipasto, solo la premessa al pareggio del Sassuolo che Di Francesco aveva già da una ventina di minuti ridisegnato con il 4-2-4 (buono soprattutto l’inserimento di Farias che confonde Maicon nelle rare occasioni in cui brasiliano non si confonde da solo).

Come il suo collega, a pochi secondi dalla fine, Bradley estremizza la confusione della Roma attuale perdendo palla a centrocampo, voleva innescare Ljajic, si sarebbe dovuto fermare e aspettare, solo aspettare. Quell’errore vuol dire due punti persi. Davanti a De Sanctis si accende una rissa alla Tom & Jerry. Con un centinaio di corpi stesi a terra davanti, Berardi mette il pallone sotto la traversa. La Roma ha scoperto un modo tutto suo di perdere le partite senza perdere. «Quattro attaccanti infortunati sono troppi, è normale accusare un disagio. Non sono preoccupato del pareggio, è stato un colpo di sfortuna, ma degli acciacchi. Siamo sempre primi. Però è brutto perdere due punti negli ultimi tre secondi».

La Roma era andata in vantaggio nel primo tempo con un’azione simile a quelle con cui aveva ottenuto il gol contro l’Udinese e contro il Torino.Duetto Pjanic-Florenzi, nell’unica palla recuperata da Strootman in giornata storta, e goffo autogol di Longhi. Dopo l’infortunio di Borriello (caviglia sinistra, non grave pare) Pjanic si è spostato a “falso nueve”: a fine primo tempo fa una giocata degna di Iniesta. Nella ripresa il Sassuolo si è un po’ aperto ma non è bastato.

Non è stato sufficiente un De Rossi a tratti marziano, né l’intensità confusa ma ostinata di Ljajic, che ha toccato mille palloni ma si è anche mangiato due gol (e ha litigato con l’arbitro per un paio di cadute/simulazioni in area, una più simulazione, l’altra più fallo forse): chi spreca paga. Ma bravo Pegolo. E non è tutto qui: la Roma non corre più come prima, è meno collettivo, più casual. Non ha più il colpo difensivo che diventa aggressione. È meno compatta. Tanto è vero che negli ultimi venti minuti, per la foga di raddoppiare, legittima, si è esposta al contropiede, allungata e fragile. Il suo possesso palla è più faticoso perché per far girare il pallone bisogna essere convinti e sani (qualità che in questo momento a Trigoria non abbondano più come un mese fa).

E’ anche meno fortunata. Ma soprattutto i suoi interpreti non sono più gli stessi: un conto è la Roma di Totti e Gervinho, inevitabilmente altro è la Roma di Caprari (appena entrato aveva già il fiato corto!) e Burdisso. Fattori determinanti, panchina non lunghissima: «Ma non è un problema fisico, visto che nel secondo tempo abbiamo corso più del primo. Dovevamo chiuderla», cerca di spiegare Garcia. Non guarda la classifica. E benedice la pausa.

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