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LA REPUBBLICA Stadi vuoti e ultrà violenti. Il flop della tessera del tifoso

Scontri derby

(G. Foschini/M. Mensurati) – La medicina non ha funzionato, in compenso, però, ha danneggiato il malato forse più della malattia stessa. Di questo sta morendo oggi il nostro calcio.«Renderemo gli stadi dei luoghi sicuri e faremo tornare le famiglie con i bambini» era l’inverno del 2007, da poco a Catania era morto negli scontri per il derby contro il Palermo l’ispettore Filippo Raciti e con queste parole dal Viminalepromisero che nulla sarebbe stato come prima. S’inaugurò così una stagione di riforme, alcune delle quali al limite della costituzionalità. Tessera del tifoso, Daspo, divieto di trasferta, biglietti nominali, tornelli. Novità introdotte in tempi e da ministri diversi, tutte però nella stessa direzione: blindare lo stadio, renderlo difficilmente accessibile a tutti, criminali e non. Nonostante le polemiche il Viminale non fece un passo indietro. Ma oggi, sei anni dopo, bisogna essere in cattiva fede per non vedere che l’obbiettivo è stato completamente fallito.

La violenza continua, si è solo spostata da dentro a fuori lo stadio. In compenso si sono attivati dei meccanismi che hanno concesso alle tifoserie organizzate la possibilità di tenere sotto costante ricatto i club. Di contro è vero che gli stadi sono diventati dei luoghi più sicuri. Ma solo perché allo stadio non va più nessuno. In questa stagione è stato raggiunto il record negativo di presenza in serie A: la media nelle prime giornate di campionato supera di poco le 23mila presenze a partita. Pochissimo soprattutto se si contano i boom di Roma e Napoli, il rilancio dell’Inter e la conferma della Juventus (nella curva squalificata nella prossima partita ci saranno i bambini). La media degli anni scorsi era sempre stata superiore ai 26mila, poi si era scesi a 25mila e 400, lo scorso anno a 24.600. Nulla se si pensa ai 45mila della Bundesliga, i 34 della Premier e i 28 della Liga. «Se non ci sarà un intervento i numeri continueranno a scendere» spiega il presidente della Lega di serie B, Andrea Abodi, ancora più preoccupato di quello che sta accadendo perché nel suo caso i numeri sono ancora più bassi. La media della B è di 18mila spettatori a partita.

Lo scorso anno erano 24mila, nel 2005 prima del decreto Amato 37.450. La “scusa della televisione”, con la gente che preferisce il divano alla tivù, si schianta con gli abbonamenti delle pay per view sul calcio in costante calo. «Essere innamorati del pallone tra steward è divieti è eroico: ci proibiscono di portare gli ombrelli e gli stadi sono scoperti…» dice Abodi. Non è un caso che la settimana prossima il ministro degli Interni, Angelino Alfano, e il capo della Polizia, Alessandro Pansa, saranno in Lega per parlare di steward e semplificazione delle norme. Dall’Osservatorio per le manifestazioni sportive del Viminale fino a oggi si sono sempre detti entusiasti dei risultati arrivati con l’introduzione delle norme sicurezza. Gli incidenti con feriti negli stadi sono calati del 72 per cento, dicono, e i feriti tra gli agenti del 92. Omettono però di dire che gli scontri si sono spostati in molti casi fuori dagli stadi (33 episodi censiti quest’anno). Come invece sanno perfettamente gli agenti che ogni domenica fanno il servizio di ordine pubblico: «Non andiamo più a fare la guerra – ammette uno di loro – però abbiamo smesso di fare il servizio informativo, e affidare il controllo interno alle società in molti casi ha significato di fatto metterlo nelle mani delle tifoserie organizzate, ormai potentissime».

Un potere che adesso si fatica ad arginare con gli stessi strumenti che hanno creato questa situazione. «Pensare di gestire con i Daspo problemi come quello di Nocera è folle – ha spiegato il magistrato antimafia, Raffaele Cantone – Il problema è che manca completamente il filtro della Lega e della Federazione ». E’ da lì che si deve ripartire. Dai padroni del calcio. Ma chi gestisce il calcio oggi è lo stesso di quarant’anni fa. E che ha sempre avuto a cuore ben altri aspetti della vicenda. Basti pensare che, mentre società e calciatori cercano di sottrarsi agli eterni ricatti delle curve, la Lega Pro si prende la briga di inviare domenicalmente una multa da mille euro a tutti i club che inviano al sito immagini delle gare non adeguatamente montate, come da contratto. Servono per gli highlights.

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