(L. Valdiserri) – Si può essere scontenti di un pareggio acciuffato al 90’, in trasferta, su un campo difficile come quello di Bergamo? Nel calcio, di solito, no. Ma se la domanda riguarda la Roma di ieri pomeriggio la risposta non può che essere: sì. E non solo per il gol di Llorente che allontana la Juve a tre punti. La rete di Strootman, su bell’assist di Ljajic, ha un valore sia pratico che psicologico: tiene l’Inter, quarta, a sette punti di distanza e permette alla Roma di rimanere l’unica squadra imbattuta. Questa voglia feroce di non accettare la sconfitta, anche nella giornata in cui tutto sembra andare storto (il gol atalantino viene su «papera» di De Sanctis e l’arbitro Damato non fischia un netto rigore per mani di Canini su tiro a botta sicura di Maicon), è la parte migliore che Rudi Garcia può riportare a casa. Quello che non ha funzionato, invece, è che per la prima volta il tecnico francese non è stato coerente con il suo credo calcistico: la ricerca del bel gioco. La squadra ha iniziato la partita con un improponibile tridente d’attacco: Florenzi -Gervinho-Marquinho.
Garcia poteva fare ben poco sulle assenze in avanti (Totti, Borriello e Destro), ma lasciare Pjanic e Ljajic in panchina ha tolto qualità e ha dato alla squadra un segnale sbagliato. Il bosniaco aveva interrotto l’allenamento di sabato per un risentimento muscolare: così ha detto Garcia e bisogna credergli. Ieri, però, nella mezzora in cui è stato in campo, Pjanic è sembrato molto più in salute di Marquinho e Bradley. Su Ljajic, poi, siamo al mistero. L’assist per Strootman è venuto dai piedi del serbo, che non sarà un mostro di continuità ma che spesso fa valere i suoi piedi buoni. Una frase di Garcia («In settimana Bradley e Marquinho si sono meritati la loro chance di giocare») potrebbe spiegare alcune cose. Allenarsi bene è fondamentale, ma il talento in campo serve. E con Pjanic e Ljajic si è vista un’altra Roma.
Non c’è dubbio che l’assenza di Francesco Totti, infortunato da Roma- Napoli, sia sempre più pesante: lo dimostrano i quattro pareggi consecutivi e i soli quattro gol segnati nelle ultime cinque partite. Inzeppare la squadra di centrocampisti rende ancora più insopportabile la mancanza del capitano. Garcia, per la prima volta, nel dopo partita, ha fatto un esplicito riferimento alle decisioni arbitrali non favorevoli alla sua squadra: «Presunto rigore? Togliete il presunto. Non c’è bisogno di rivedere il filmato sull’episodio del rigore non fischiato: l’hanno visto tutti. L’arbitro ha sbagliato, perché capita a tutti di sbagliare. Succede, magari con noi un po’ di più». L’idea che si sono fatti in società è che, nelle occasioni dubbie, gli arbitri preferiscano sempre astenersi.
Altrettanto importante, però, è la dichiarazione di Strootman: «Nel primo tempo quasi non abbiamo giocato». Il sospetto è legittimo, l’analisi dell’olandese è fondata. L’Atalanta era senza difesa: fuori Bellini, Stendardo e Yepes, solo in panchina Lucchini, che è entrato nel finale ed è sembrato fisicamente assai indietro. Il gol di Brivio, su punizione innocua, è stato un colpo di fortuna, ma Colantuono si è cercato la buona sorte con una prestazione generosa, almeno per un’ora. È stata la Roma, semmai, a non approfittare per 90’, ma solo per 30’, delle assenze bergamasche. Nel finale, però, l’Atalanta si è schiacciata troppo in difesa e i cambi, anziché dare qualcosa in più hanno tolto vivacità alla squadra. La Roma deve ritrovare Totti e il suo gioco migliore. Ieri è sembrata badare più alla prosa della zona Champions che alla poesia dello scudetto. Nulla di male, ma per arrivare almeno terzi, quest’anno, serve un ritmo da primi. E, senza talento, è più difficile farlo.