(U. Trani) – «La Roma deve fare attenzione: il Milan non è finito». Arrigo Sacchi, coordinatore delle nostre nazionali giovanili dal 2010, lo dice con convinzione, anche se quando parla dei rossoneri si capisce che ha un debole e non potrebbe essere altrimenti. Il legame con quei colori è fortissimo. Del resto pure ultimamente il suo 4-4-2 dell’89 è stato indicato come il top al mondo, la migliore squadra di club di sempre. «Il risultato del posticipo non è scontato e la sfida più aperta di quanto può far pensare la classifica. E sarà una bella partita», la previsione del romagnolo.
Come valuta quanto fatto fin qui da Garcia?
«Mi piace. Personalmente non lo conoscevo, ma Ancelotti e Simone mi avevano anticipato che avrebbe fatto bene in Italia. È proprio come me lo avevano presentato».
Come?
«È un tecnico moderno. La Roma si colloca bene sul campo, è ordinata e compatta. La partecipazione è di tutti. Difficilmente la squadra si allunga, difetto che rende un assetto vulnerabile».
Il francese è già promosso?
«È presto, ma credo di sì. Non ha fatto come altri allenatori stranieri che, appena sbarcano nel nostro paese, si adatta subito al nostro calcio: per non scontentare presidenti, opinione pubblica e media, scelgono la prudenza. Lui no, è rimasto se stesso. La Roma ora è più internazionale. Nel gioco e nello spirito. In Italia sono solo tre o quattro che non recitano il solito copione, valido solo per sopravvivere sul nostro territorio».
La differenza è tutta nell’atteggiamento in campo?
«Garcia cerca di imporre il suo calcio. E ci sta riuscendo. Anche perché lavora in una città che non aiuta: è bella, stupendo il clima e sono tanti gli svaghi. E il troppo amore. Poche solo le ambizioni: basta vincere il derby… Si passa in fretta dall’esaltazione eccessiva alla delusione cocente. Roma dà tanto, ma toglie anche di più».
Non è prudente ma ha la miglior difesa d’Europa. Dove è il segreto?
«Dipende dall’equilibrio. La Roma ha individualità di primo piano, ma è il gioco a far la differenza. Un film senza trama non esiste. E’ sicuramente brutto, non funziona».
Si aspettava di vedere ancora Totti protagonista?
«È un fenomeno. Non può stupirmi: l’ho provato a prendere due volte. Per portarlo al Milan e al Real. Avrebbe fatto bene alle mie squadre e a lui. Quando un calciatore amplia le sue conoscenze migliora. In queste settimane è mancato tanto alla Roma: lui, si sa, non conta solo come giocatore per questa squadra. Sono felice che torni in campo: è una risorsa per il nostro calcio»
Il Milan ha 19 punti in meno della Roma: che cosa è successo?
«Non è partito bene, ma ha tante giustificazioni, a cominciare dai molti infortuni. E, cosa insolita, anche qualche incomprensione in società. E la Champions toglie diversi punti. La Roma ha pure il vantaggio di poter organizzare tutta la settimana. Alla fine ognuno ha in classifica la posizione che merita».
Il Milan è l’unica italiana ancora in Champions: quale spiegazione dà a questo risultato?
«Ancora alla mentalità, che non si compra allo spaccio. Determinazione, conoscenze e storia vengono fuori. Se è lì, vuol dire che è più forte delle altre. Al Napoli serviva un miracolo contro due formazioni che giocano un calcio totale da anni. L’eliminazione della Juve è stata una mazzata fuori della norma. Vuol dire che stiamo andando verso l’anonimato».
Anche il Milan, per la verità, ha rischiato di uscire.
«Sì, ma in dieci. Ha dato il massimo e ha sofferto. Quando ci si aiuta, fai risultato. Allegri ci sa fare, lo dimostra da tempo. Il Milan è in crescita. Magari è tardi per lo scudetto e per la zona Champions: è dura recuperare tutti quei punti».
A San Siro SuperMario o il collettivo?
«Balotelli è un talento straordinario. Ma sulle spalle, prima della squadra, deve prendersi se stesso».
Galliani o Lady Barbara?
«Tutt’e due. Come ha detto il presidente Berlusconi possono stare insieme e dividersi i compiti. Adriano è tra i migliori dirigenti al mondo. È competente e fedele, dà assolute garanzie. Capisco, comunque, Barbara: rappresenta la proprietà e vuole dire la sua».