(T. Cagnucci) Il silenzio colpevole di Conte per non parlare di calcioscommesse e il sorriso di Garcia mentre s’abbraccia un suo giocatore che è un ragazzino. I capelli di Conte che sono come le partite che vincono loro e i capelli di Gervinho che sono come i dribbling e come i gol che fa, magari sghembi e inopportuni ma veri, veri e buoni per un sorriso.
No, non prendetelo in giro Gervinho per il gol che ha fatto ieri, oppure sì ma solo pe’ ride con lui, non per altro: Gervinho non lo sa, ma oggi è una risposta simbolica a tante cose, innanzitutto a chi strumentalizza il razzismo che con Balotelli non può c’entrare niente, perché il razzismo è una cosa seria e Balotelli no, e poi perché è come i genii: gli riescono naturali, come il sole d’Africa, le cose che ai “cittadini” del pallone appaiono impossibili, come prendere la palla e bersene quattro alla faccia di tutti in un bar che sembra chiuso, e poi incespicare sulle cose facili, e così un gol a porta vuota diventa palo, e un gol è soltanto un tiro ubriaco col destro sul sinistro.Gervinho sembra quello che per Baudelaire era un poeta, un Albatros, un principe delle nuvole e del volo ma che sulla terra con le sue ali da gigante non riesce a camminare. E’ un altro linguaggio il suo. Il nostro. Dal loro.
Le differenze tra Roma e Juventus non sono 5 punti, ma mille e mille e mille, senza possibilità mai di incontrarci nemmeno all’infinito. In fondo fa bene Conte Antonio a starsene zitto, altrimenti diventerebbe dangerus e chissà verso quale epilogolo ci condurrebbero le sue parole. Magari fuori da un gironcino di Champions. Almeno Ai fink so. Noi e loro. Roma e Juventus è uno scontro fra pronomi che ricomincia alla prima dell’anno come a dire: non smetterà mai. Noi e loro: inconiugabili. Noi, loro e gli altri. The Others. Gli scomparsi. Con quelli c’è un alfabeto di punti di differenza: 21. Ventuno modi per dirti sempre la stessa cosa, soprattutto se ti segna uno che si chiama Romulo: “ll mio nome è il simbolo della tua eterna sconfitta”. Gli “altri” sono rimasti al 26 maggio 2013. Tra poco sarà un altro anno e non se ne sono accorti. Diteglielo. Aho è Capodanno, non se festeggia al 71’ eh. Benatiale a tutti! La vita continua e la Roma è vita. Tra poco sarà un altro anno e l’anno che verrà sarà il nostro giorno dopo. Quello iniziato e non finito ieri, con l’ultimo gol fatto da uno nato il 27 maggio, Gervinho, e col cambio più romantico possibile che Garcia (l’uomo che sorride coi ragazzini) si poteva inventare: un bambino al posto della Storia. Il nostro giorno dopo è gonfio di futuro, il nostro giorno dopo è una partita per lo scudetto e ha il volto biondo della sfida di un ragazzino del ’94 che si chiama Federico Ricci e che – non può essere un caso – anche lui nato un 27 maggio. Ha le iniziali del destino: Forza Roma.