(D. Galli) – È il giorno del giudizio. Oggi la Corte di Giustizia Federale dovrà decidere sul ricorso della Roma contro la squalifica della Curva Sud disposta dal giudice sportivo per dei cori razzisti, per dei cori sui rossoneri carabinieri scambiati per squadra di neri, per dei bu prolungati rivolti a qualunque giocatore del Milan, mica solo a Balotelli. E comunque rivolti – udite udite, anzi leggete leggete – da circa 900 romanisti non abbonati all’Olimpico. Il dato clamoroso, l’elemento nuovo, è questo: nel settore ospiti di San Siro gli abbonati romanisti erano 800. Meno della metà. E allora, premesso che non ha senso, che è illogico e in giusto chiudere la Curva Sud per un coro che non è mai stato fatto, perché viene squalificata la Sud, unico settore dell’Olimpico formato da soli abbonati, per un qualcosa che seppure in ipotesi (un’ipotesi sbagliata, fasulla, farlocca, ripetiamolo) è stato commesso per la maggioranza da non abbonati?
Se questo fosse un Paese normale, non ci sarebbe nemmeno bisogno di un ricorso contro il provvedimento del giudice sportivo (che si è limitato a prendere nota di quanto avevano scritto ufficiali di gara e ispettori federali). Sarebbe sufficiente il video che sta spopolando sul web col coro che si sente chiarissimo: «Rossoneri carabinieri». Altro che «rossoneri squadradineri», che non è mai stato cantato nella storia della Curva della Roma, ma probabilmente neppure in qualsiasi altra Curva del pianeta Terra. Squadra di neri. Di neri. Ma vi pare che chi volesse insultare dei calciatori avversari con epiteti razzisti edulcorerebbe poi ’sti cori adottando la parola «neri», che sa di politically correct? Il ricorso, che sarà discusso alle 13.30 a via Campania, sede della Corte di Giustizia Federale, sarà accuratissimo. La società sarà rappresentata dal suo diggì Mauro Baldissoni. Saranno allegate delle prove schiaccianti, tra le quali la presenza nel settore ospiti di 900 tifosi non abbonati. Saranno anche riepilogate tutte le iniziative della Roma contro il razzismo. Dai comunicati, dalle parole, dalle prese di posizione all’azione vera e propria, alle magliette indossate negli States ma anche nel riscaldamento di Roma-Verona. C’era scritto “Don’t cross the line”, la campagna made in USA contro ogni forma di discriminazione. Adesso quella stessa società deve difendersi dall’accusa di scendere in campo per una tifoseria che qualcuno s’è inventato razzista. Assurdo. Nota a margine, che poi tanto a margine non è. Oggi la Corte di Giustizia Federale potrebbe anche decidere di temporeggiare, di prendere tempo per visionare con maggiore attenzione i filmati. Sarebbe sano. Ma se invece si passasse direttamente dal via e si annullasse la sanzione del giudice, sarebbe anche più sano. O più semplicemente, sarebbe giusto.