(S. Romita) – Totti in panchina porta fortuna. Gervinho che corre ci porta negli occhi tutte le luci dell’Universo. E Destro in campo porta tre punti. Perché se uno gioca punta un motivo c’è. E anche dopo dieci mesi mica ti dimentichi come andare sul primo palo senza sentire il difensore che ti vuole strappare la pelle insieme alla maglia. Non lo sa – il meschino – che tu stai aspettando da trecento giorni di sfondare la rete. Non capisce – lo sventurato – che non potrebbe fermarti neanche un portiere con un fucile a pompa nelle mani. Che dell’ammonizione te ne sbatti. Che vuoi solo correre nuovamente magro e muscoloso, con la tua maglietta della salute rossa con i “tendipollici” che scalpitano, verso la curva dei ventimila Totti per urlare tutta la tua gioia, la tua rabbia, la tua romanità acquisita.
Tornare alla vittoria mentre si accendono le lucine di Natale e si avvia ufficialmente il periodo più bello dell’anno per i bambini, insieme alle vacanze al mare d’estate, è la cosa più bella che ci potesse capitare. E i tifosi sono come i bambini. L’undicesima vittoria, dopo quattro sfortunati pareggi, ci pone sul culo della Juventus. Le facciamo sentire che ci siamo. E che siamo duri e determinati. Pronti per Milano, tranquilli anche nelle possibili formazioni da approntare per ovviare alle squalifiche e alle ammonizioni a catena. Quest’anno siamo tanti. Siamo forti. Chi c’è, c’è. Ci dovrebbero espellere tutta la rosa per farci un minimo di spavento. Ma non avverrà. E poi forse rivedremo un po’ di Totti sul prato di San Siro. Ci basta. Periodo di promesse questo qui. E allora noi saremo da ora più buoni. Lo promettiamo come farebbe un bambino nella letterina di Natale prima di sbizzarrirsi nell’interminabile elenco di regali che si attende piombino sotto il suo albero. Con la grande differenza che noi romanisti – squadra e tifosi insieme – questi regali ce li siamo meritati, ce li siamo conquistati. E altri ne conquisteremo. Il campionato è lungo.
Allunghiamo su chi ci segue e accorciamo su chi ci precede. Te lo aspettavi prima di Garcia? Quanto abbiamo atteso una squadra così? Un allenatore così? Una difesa così? Un portiere così? Un presidente così? Tanto. Troppo. E non ci interessa parlare di scudetto ora, ci interessa portare il sole sotto il Duomo e poi riportarcelo a casa. Mettere – se possibile – Conte dentro la calza della Befana, come fosse un pezzo di carbone che non può mai mancare insieme ai dolci. E poi consegnare il tutto sotto il camino di Garcia. Lui della Befana non sa quasi nulla. Noi romanisti sì. Per fortuna di tutto il resto ne sa molto più di noi.