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IL ROMANISTA Tutto quello che ci autorizza a sognare

Esultanza

(G. Sanzotta) Vatti a fidare di Babbo Natale. E’ questo il pensiero che da alcuni giorni turba il sonno dei dirigenti della Juventus. Loro sono stati abituati come i bambini paffutelli e biondi dei ricchi: basta chiedere e Babbo Natale esaudisce i pensieri. Non come noi «poveri» romanisti che non chiediamo regali, ma che mal sopportiamo i furti. E’ una vita che tolgono a noi e donano a loro. Ma quel Babbo Natale tanto caro a quelli con le strisce non supera i confini nazionali, non ha il passaporto, così, nonostante la neve, la slitta con doni non è arrivata in Turchia. E’ invece arrivata la scoppola. Conte come il bambino viziato si lamenta e piagnucola, a torto. Ma in casa un contentino lo hanno subito offerto, rinviata di un giorno la gara di campionato. Poverini i bianconeri, dovevano pur riprendersi. Ma adesso basta. La Roma va a Milano a giocarsi una carta importante, che vinca o perda, ma sia solo per i propri meriti o demeriti. La Juve di regali ne ha ricevuti tanti e anche il Milan non ha più posto sotto l’albero. Lunedì non vogliamo scherzi perché le carte ce le vogliamo giocare. La Juventus senza i regali generosi forse non sarebbe davanti a noi e il Milan sembra un nobile decaduto.

L’antico blasone non può nascondere la pochezza attuale, la competizione sportiva è questa: vinca il migliore non il più raccomandato. Il Milan visto mercoledì è poca cosa. Attenti soltanto alle provocazioni di Balotelli, mai come in questa occasione siamo noi i favoriti. E’ il Milan che deve avere paura. E se poi rientrerà Totti abbiamo tutte le carte in regola per imporci in quello stadio che i media filomilanesi pomposamente definivano la «Scala del calcio». Adesso i valori sono cambiati, ma non c’è dubbio che i bambini viziati si aspettano regali natalizi quasi fosse un diritto. Stavolta siamo noi che ci aspettiamo qualcosa, non un regalo ma un premio sudato e meritato: quello che sapranno donarci i nostri calciatori. Noi facciamo affidamento non sul signor Rocchi, ma sulle magie di Totti e nella splendida organizzazione che Garcia ha saputo imporre alla squadra. Una compagine quadrata, forte in ogni reparto con la difesa meno battuta e con un attacco che, recuperati gli infortunati, saprà riconquistare presto anche il primato delle reti fatte.

Tutto questo ci autorizza a sognare, a pensare che il prossimo anno, comunque vada, ci saremo anche noi a confrontarci con le più forti squadre europee. E, comunque, visto che i sogni sono legittimi, sarebbe proprio bello farlo con lo scudetto cucito sul petto. Un sogno che passa per Milano, poi con un Catania in caduta e infine con lo scontro verità di Torino. Vorrei che fosse domani quella partita. Se il Sassuolo facesse un altro miracolo potremmo anche arrivare a quell’appuntamento alla pari. Ma come giustamente ha insegnato Garcia bisogna fare un passo alla volta. Adesso c’è Milano da espugnare. Abbiamo tutti i mezzi per poterlo fare, possiamo farcela se non rinunceremo al nostro gioco. Se non ci faremo soggiogare dall’ambiante, se chiameremo i giocatori avversari per nome, scoprendo che sono nomi meno importanti dei nostri, e non penseremo ai colori che rappresentano. Vedere Allegri rimpiangere di non essere venuto a Roma, Galliani fare una faccia ancor più cupa del solito, Barbara Berlusconi indignata, sarebbe il più bel regalo di Natale che potremmo ricevere. Garcia e Totti fatecelo questo regalo, ce lo meritiamo.

Ce lo meritiamo per tutto il veleno che abbiamo dovuto mandare giù in questo 2013 dal duplice volto: i primi sei mesi di disfatta e pessimismo e poi la rinascita. Ce lo meritiamo perché nonostante le poche vittorie il calore che ha circondato la squadra non è mai venuto meno. Perché la Roma ha sempre avuto una tifoseria presente e appassionata anche quando gli altri, con disprezzo, la chiamavano la rometta. Provate oggi a chiamarci così. Siamo una grande squadra, possiamo dirlo con orgoglio e anche con riconoscenza nei confronti di chi ha contribuito a realizzarla. Non siamo tra chi limita il proprio sogno a finire davanti alla Lazio o a chi considerava la massima soddisfazione vincere il derby. Adesso abbiamo altri obiettivi. Come fu ai tempi di Viola o di Franco Sensi dietro di noi vogliamo lasciare le grandi società del Nord, quelle abituate a spartirsi il potere calcistico e i trionfi. Vogliamo sognare non solo per vincere ora, ma per dare vita a un cambiamento duraturo. Non saranno tutti i Babbo Natale del mondo a cambiare questo corso.

Prendetevela pure con la sorte, come i laziali adesso se la dovrebbero prendere con la storia. Hanno abusato di questo richiamo, hanno festeggiato troppo, hanno dimenticato un saggio detto popolare: quando sali le scale rispetta tutti quelli che incontri perché quando le scenderai li ritroverai tutti. E infatti noi li abbiamo incontrati ancora mentre scendevano velocemente verso il basso, verso la collocazione loro più consona. Possono pur far volare quell’aquila portoghese ammaestrata, ma è la sola occasione per guardare qualcosa all’alto. Si rassegnino a guardarci dal basso come gli è capitato di fare spesso. Dico questo solo perché sui muri ancora appaiono scritte sbiadite in ricordo di quel 26 maggio. Miserie antiche. Adesso guardiamo altrove, il nostro derby è con la Juventus. E la strada per arrivarci passa per Milano. Se Babbo Natale è andato in pensione per i soliti noti, speriamo che la Befana ci regali un grande sogno, uno di quelli che può scuotere una città. La nostra città i cui colori sono sempre quelli: giallorossi.

 

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