(A. Austini) – State Allegri, c’è Rudi Garcia. La Roma deve benedire quel «cenacolo milanese» – Sabatini dixit – in cui Galliani, a fine maggio, ha convinto il livornese a restare sulla panchina del Milan e stracciare il contratto già pronto con la Roma. Baldissoni e Zanzi avevano prenotato il volo per il giorno seguente, direzione Milano, dove si sarebbe dovuta apporre solo la firma sul triennale da circa 3 milioni netti a stagione.
Berlusconi in primis aveva dato l’affare per fatto, Pallotta era tornato negli States convinto di avere in mano Allegri, persino i «senatori» di Trigoria erano stati avvisati dalla società sulla scelta del nuovo allenatore. Non avevano fatto bene i conti con Max, uno capace di non presentarsi all’altare, figuriamoci alla firma di un contratto. Sembrava la fine del mondo per una Roma in piena tempesta post-derby e appena snobbata anche da Mazzarri. E invece quel jolly tenuto nel taschino era la carta giusta. Garcia, il terzo uomo, è diventato il primo. Senza i fallimenti dei due anni precedenti probabilmente Sabatini avrebbe puntato direttamente su di lui. Lo ha cercato prima di Luis Enrique, ma la linea-Baldini ha prevalso. Come stava per accadere anche la scorsa estate: l’ex dg giallorosso è molto legato ad Allegri, anche se i contatti li ha tenuti aperti Massara, il vice di Sabatini e compagno di Max ai tempi del Pescara. D’altronde sarebbe stata dura trattare per Baldini, visto che il procuratore del toscano di cognome fa «Moggi».
La coppia, comunque, non si è formata. Allegri è rimasto dove stava, Baldini se n’è tornato a Londra e Sabatini si è preso la soddisfazione di scegliere l’allenatore e vincere la sua scommessa. «Non mi sono mai pentito di nulla nella mia vita» ha detto di recente il tecnico rossonero, che lunedì sfiderà la Roma con la testa all’insu: i 19 punti che la separano dal Milan dicono tutto sul campionato agli antipodi delle due squadre. Allegri non si pente, almeno dice, e può godersi ancora la Champions a differenza dei colleghi di Juve e Napoli. Ma ha in mano una squadra piena di contraddizioni, alle spalle una società in piena trasformazione, mentre a Trigoria avrebbe trovato un gruppo affamato e di suo gradimento. «Per me la Roma sarà la squadra più forte dei prossimi anni» confidava agli amici mentre stava preparando il trasloco. Aveva avallato l’acquisto di Benatia, consigliato di prendere Astori e Nainggolan e chiesto la conferma di Pjanic che vedeva come regista perfetto nel suo 4-3-3. Non avrebbe portato Gervinho e chissà quale Roma sarebbe nata.
A Trigoria, ovviamente, sono felicissimi di aver preso il francese. Seguendo l’andamento della stagione milanista e le difficoltà di Allegri nel reggere la pressione – vedi la minaccia di dimissioni dopo la qualificazione ai preliminari di Champions – qualcuno, col senno di poi, pensa pure che sarebbe stato un errore ingaggiare il livornese.
Adesso la preoccupazione è semmai sul futuro di Garcia, corteggiato dai grandi club. Oltre all’ipotesi-Psg, c’è la panchina della nazionale francese come pericolosa tentazione. La Roma è tutelata per il prossimo anno dal contratto di Rudi, ma sta già pensando a un prolungamento. Allegri, invece, va in scadenza con il Milan a giugno ed è in lizza per il posto di Prandelli in azzurro. Due potenziali ct di fronte lunedì a San Siro in una sfida inedita. Basta guardare la classifica.