(A.Austini) – Erano tornati a Roma delusi per il pareggio, ma non sapevano che al danno si sarebbe aggiunta la beffa. Finita la partita, nei corridoi di San Siro i dirigenti romanisti erano stati rassicurati dagli uomini della procura federale, che non avevano ascoltato con le loro orecchie alcun coro razzista proveniente dal settore ospiti. I due annunci fatti dallo speaker dello stadio non li hanno chiesti gli ispettori, bensì la Digos che ha scambiato il coro per un altro e indotto in errore successivamente gli ispettori e il Giudice Sportivo.
La Roma non ci sta e ieri, sentiti i legali, ha inviato un preavviso di reclamo agli organi competenti con la richiesta degli atti. La società ha già deciso di presentare ricorso d’urgenza alla Corte di Giustizia Federale che si riunirà venerdì per analizzare anche il reclamo dell’Inter. Il club giallorosso ha chiesto chiarimenti su una norma interpretabile in diversi modi: la sanzione, stando all’articolo 22, andrebbe applicata alla seconda partita successiva alla violazione, quindi non domenica con il Catania. La Juventus, però, ha scontato subito la sua pena. Il problema scaturisce da una norma antecedente a quelle introdotte di recente per combattere il razzismo e la discriminazione territoriale e varrebbe solo nei casi di squalifica dell’intero stadio.
Al di là dei tempi della sanzione, la Roma vuole comunque entrare nel merito, convinta che quei cori non siano mai stati cantati, tantomeno i«buu» rivolti a Balotelli che da soli basterebbero per la squalifica. La società contesta anche la motivazione con cui il Giudice infligge la squalifica alla curva Sud per un comportamento tenuto da tifosi in trasferta. Se, attraverso i biglietti nominali, conoscevano i responsabili, perché non punire solo loro con i Daspo? In ogni caso, se il ricorso andrà male la Roma non riempirà la curva con i bambini, come ha fatto la Juventus. Basta e avanza il settore famiglie.