(G. Piacentini) – Roma-Juve non sarà una partita per deboli di cuore. Né sugli spalti, dove sono attesi 60 mila spettatori, né in mezzo al campo, dove il il clima sarà quello di una finale, anche se poi in palio c’è «solo» il passaggio alle semifinali di Coppa Italia. La gara di questa sera, però, vale molto di più e, vincendola, la Roma potrà dimenticare più in fretta la sonora sconfitta dello Juventus Stadium del 5 gennaio e rilanciare ai bianconeri la sfida, anche in chiave campionato. Lo sa Rudi Garcia, che si affiderà più che in altre occasioni a giocatori non solo forti tecnicamente ma soprattutto con il «pelo sullo stomaco»: Maicon, Strootman, Benatia, Castan e Nainggolan sembrano fatti apposta per giocare questo tipo di partite, così come De Sanctis, De Rossi e Francesco Totti, i tre leader italiani della squadra e che, proprio per questo, più degli altri sentono la rivalità con i calciatori bianconeri, con la maggior parte dei quali hanno condiviso la maglia azzurra.
Il portiere abruzzese, che negli ultimi tempi non ha mancato di sottolineare come la Juventus goda in Italia di una sudditanza psicologica da parte degli avversari e di come sia favorita dal «sistema», ha esordito in serie A (nella stagione 1998/99) proprio con la maglia bianconera, prima che la sua carriera prendesse altre strade.
De Rossi, che deve farsi perdonare l’espulsione di Torino, alla Juventus ha «rischiato» di finirci nell’estate del 2002, quando Fabio Capello chiese a Franco Sensi di prendergli Edgar Davids. Il presidente giallorosso si sentì chiedere in cambio il centrocampista di Ostia, Aquilani e D’Agostino e, per fortuna della Roma, non se ne fece più nulla. Per lui, romanista da sempre e nato negli anni ’80, quando quello con i bianconeri era considerato un vero e proprio derby, non sarà una gara come le altre anche se lo scorso anno, in risposta a Zeman, disse che «è solo una partita e non deve diventare una crociata».
Con i bianconeri ha, da sempre, un conto aperto Francesco Totti. Non solo per i 9 gol che gli ha segnato in carriera – quelli a Buffon, tra Parma e Juventus, sono invece 10 – ma soprattutto per episodi extra calcio: dal segno del 4 nei confronti di Tudor, alla fine di un 4-0 all’Olimpico nel 2004, fino alle ultime dichiarazioni sugli «aiutini», che riprendevano quelle del 2005 in cui disse che «contro la Juve giochiamo sempre 14 contro 11». Frasi che hanno lasciato il segno e che qualche bianconero, al termine della gara di due settimane fa, gli ha rinfacciato. Stasera c’è la possibilità di una ennesima rivincita. Non l’ultima, perché c’è sempre la gara di ritorno in campionato che potrebbe valere lo scudetto.