(L. Valdiserri) Chissà se i tifosi dell’Arsenal, che lo avevano messo alla berlina su YouTube con un video pieno di gol sbagliati, adesso lo rimpiangono? Alla Roma e a Gervinho, che con un assist e un gol nella vittoria di Verona ha completato la settimana perfetta, aperta con la rete alla Juve in Coppa Italia, poco importa. L’ivoriano, che gioca come se fosse in un cartone animato, è uno dei segreti, forse il più prezioso, del lavoro di Rudi Garcia, che lo ha voluto fortemente alla Roma. Tanto da fare pressione, in estate, anche su uno scettico Walter Sabatini, poi bravo a prenderlo e sincero nel dire che era un’idea dell’allenatore e non sua. Gervinho, su un terreno del Bentegodi più adatto alla semina delle patate che al pallone, ha offerto ieri uno spettacolo di grande calcio. Forse non è un caso che, abituato da bambino a giocare dove capitava e con palloni di chissà quale qualità, ieri abbia sofferto meno di tutti condizioni tecniche al limite. Appena ha avuto lo spazio per giocare l’uno contro uno è stato devastante. Nel primo tempo ha servito un assist per Destro (tiro alto) e uno per Ljajic(gol con un prezioso tocco di esterno). Nel secondo, dopo che il Verona aveva pareggiato con Hallfredsson su harakiri in disimpegno di Castan, si è messo in proprio e ha segnato un gol alla Robben: partenza in dribbling dalla sinistra, per accentrarsi in orizzontale in area e calciare in porta con il piede «giusto».
Il gol di Totti su rigore, nel finale, per fallo di Gonzalez su Torosidis, che ha fatto molto discutere ma è nello spirito del regolamento sugli interventi alla disperata, ha chiuso una gara dove la Roma ha sempre provato a fare calcio — riuscendoci nel secondo tempo molto più che nel primo — e il Verona ha pensato solo a difendersi, con un 4-5-1 dove anche Iturbe e Juanito Gomez hanno spesso fatto i terzini.
Un colpo molto duro per Mandorlini — che già non aveva a disposizione Moras, Albertazzi e Agostini — è stato l’infortunio di Maietta, nel finale del primo tempo, poco prima del gol di Ljajic. Il tecnico veneto è stato costretto a ridisegnare la difesa, spostando Gonzalez centrale e abbassando Romulo terzino, dove ha patito le pene dell’inferno con Gervinho. L’impressione è che il segnale arrivato da proprietà, cioè la cessione di Jorginho al Napoli, abbia colpito al cuore una squadra che era stata la rivelazione del campionato e che, adesso, esce da tre sconfitte consecutive. Ieri si è aggiunta anche la sfortuna, ma non c’è dubbio che abbia influito la tattica troppo rinunciataria di Mandorlini. Non tanto negli uomini, quanto nello schiacciare sempre la squadra dietro la linea immaginaria del pallone. La vittoria di ieri, invece, pone la Roma in un’interessante posizione tra il dovere (+6 sul Napoli nella corsa al secondo posto e ai milioni garantiti della Champions League 2015) e il piacere (-6 dalla Juve, che resta la grande favorita ma pare un po’ meno invulnerabile). Fondamentale è l’accettazione, da parte della squadra, del turnover «ragionato» di Garcia, che riguarda soprattutto gli attaccanti. Ieri sono andati in panchina, per entrare solo nella ripresa, Totti e Florenzi. Il capitano giallorosso, a fine gara, ha detto parole sagge: «Con la vittoria di Verona abbiamo dato un segnale forte al campionato. Il mister è bravo a gestire le nostre energie, alternandoci. Se poi vado in panchina, entro e segno va bene così. E che partita ha fatto Gervinho!». Proprio quel Gervinho che gioca più minuti degli altri, ma nessuno lo odia per questo motivo. Anzi, gli vogliono tutti bene per i gol che segna, per gli assist che regala e perché a tutti piace tornare bambini davanti a un cartone animato.