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IL ROMANISTA Dieci eroi per me

Zeman

(T. Cagnucci) – Ci sono uomini che meritano di essere ricordati. Non sono supereroi, vivono come noi, fanno la spesa,a, qualcuno ha figli, qualcuno è ancora un figlio, padri, divorziati, sposati, single, ma tutti, tutti essere umani di buona volontà. C’è pure chi non c’è più. Gente che merita il rispetto di chi ama il gioco del calcio. Esseri umani che hanno fatto del bene alla comunità. Simboli sempietermi dell’antijuventinità. E’ con esempi simili che va giocato Domani. Sempre tutto il domani.

WOLFANG FELIX MAGATH Wolfang Felix Magath è l’uomo che nel 1983 ha fatto credere agli uomini di buona volontà che il Paradiso sia su questa terra. Magari vicino ad Atene, dove si giocava la finale di Coppa dei Campioni. La Roma aveva appena vinto lo scudetto più bello di sempre, dopo 41 anni. A Roma si respirava un profumo che al solo ricordo puoi (commuovendoti) sentirlo ancora. Con quest’animo di grazia leggero Roma il 25 maggio si apprestò a vedere Amburgo-Juventus. Rai. Con la R grande al rallentatore. Erano quasi tutti juventini. Avevano tutti le magliette “Io c’ero”. “Io no, ma ho goduto come un porco” scrisse qualcuno il giorno dopo sui muri di San Lorenzo. Al 9’ un sinistro, così, tanto per, di Wolfang Felix Magath. Meglio di Wolfang Amadeus Mozart. 1-0. Una delegazione del Commando Ultrà andò in Germania a ringraziare l’eroe di una sera, di una stagione, di un’epoca da sogno. Nessuna gufata è stata così vicina all’amore. Mai come quella sera di maggio fu una promessa d’estate.

ZDENEK ZEMAN Ha denunciato da dentro e in diretta il potere juventino, ha denunciato il doping farmaceutico e quello finanziario. Era un giorno d’estate. E’ stata una grande giornata di sole. Hanno provato a ricacciarlo nell’ombra, l’hanno confinato nel Bosforo, in tutti i paesi della Campania, gli hanno negato la serie A e qualsiasi squadra con una minima ambizione, lo hanno minacciato, mobbizzato, calunniato. Ma il gesto di Zeman ha portato a processi e a sentenze più vere di qualsiasi mafia e prescrizione. Un eroe alfieriano, che nella smorfia aristocratica e poetica del suo profilo conserva il sorriso dei giusti. Una grande giornata di sole fu la sua estate.

DOSSENA-BONESSO-TORRISI Dopo la sconfitta con la Juve in casa all’Olimpico la Roma tremò. Si diceva – dicevano – “non può diventare campione una squadra che prende due gol in sette minuti”. Lo diceva Boniperti. E una squadra che ne prende 3 in 3’ e 40”? Successe il 27 marzo 1983, la Roma era a Firenze in vantaggio 2-1, a Torino c’era il derby, la Juve vinceva 2-0 fino a 20’ dalla fine. Poi impazzirono le radioline. Chi stava a Firenze impazzì. Impazzì pure Carlo Ancelotti che fece l’autorete del 2-2 ma chissenefrega. Quel pomeriggio la Roma capì che sarebbe diventata campione. C’era Ameri che interrompeva in continuazione e al Franchi la gente non ci credeva, e nemmeno quella davanti a Teleroma 56. “Attenzione il Toro ha accorciato le distanze”… “Attenzione! Pareggio”.. “Toro in vantaggio”. Sono stai i 3’ e 40 più punk della storia del calcio. Un’orgia. Se c’è qualcosa che s’è avvicinato alla magia sono stati quegli istanti. Chiudi gli occhi ed esprimi un desiderio. Ne hai tre a disposizione: Dossena-Bonesso-Torrisi.

MATTEO SERAFINI E’ un capitolo a parte, questo. E’ un cammeo. Fa parte dell’antistoria, quegli angoli di storie dimenticate dalle storie ufficiali. Roba per De André. Eppure su Matteo Serafini – un Angelo dell’anti-juventinità – si potrebbe fare un libro. Il mio giorno di gloria. Una notte da re. Titoli dozzinali andrebbero anche bene per un centrocampista cresciuto nella Cremonese per capitare in un anno, in un giorno, in una partita: Brescia-Juventus. Campionato di Serie B, 2006/2007. Sì. In serie B. C’è ancora un so che di onanistico e romantico che scuote l’animo pensando alla Juve in B. C’è stata e ci ha perso contro lo Spezia, il Mantova, pareggiato col Rimini, con l’Albinoleffe, è stata travolta proprio dal Brescia: 3-1. Tre gol di Matteo Serafini. Uno meglio di un altro. Un pallonetto da centrocampo, una rovesciata, un tiro di contro balzo dal limite. Il mistero della trinità fatto pallone. Dicono che adesso stia giocando nella Pro Patria e non si capisce come non trovi posto nel Barcellona di Messi (ovviamente al posto di Messi). Matteo Serafini è nato il 21 aprile del 1978 nel giorno del Natale di Roma. C’è solo da andare a comprargli un regalo. Tanti auguri Sir Matthew.

RICCARDO MASPERO Dovrebbero dargli un Nobel alla Giustizia. Non tanto perché è stato lui a segnare il clamoroso 3-3 di un Toro-Juve che stava sullo 0-3, ma perché al momento del rigore (c’è sempre un rigore della Juve nella storia di ognuno, il rigore per la Juve è una gabella, è la tassa necessaria del governo tecnico, l’ora d’aria, l’ultima azione di un potere messo in moto dai tempi del gobbissimo Camillo Benso Conte di Cavour) al momento del rigore lui fece così: senza farsi vedere da loro (gli juventini sono sempre loro e sono sempre in perscrutazione) scavò una buchetta sul dischetto, la luna nel pozzo, dove Marcelo Matador De che Salas posizionò il pallone e tirò. Calcio alle stelle. E noi uscimmo a rivederle insieme al poeta. Riccardo Alighieri Maspero.

FRANCO ZEFFIRELLI A parte un “Romeo e Giulietta” – con uno strepitoso Mercuzio interpretato da uno straordinario John McEnery – non è che la fama di Maestro sia così meritata, se non fosse che la sua vita tutta viola si è sempre colorata di forte tinte anti-bianconere. Faceva parte del Cda della Fiorentina ma si dimise dopo queste dichiarazioni: “Non capisco tutto questo baillame contro i nostri tifosi. Cosa hanno fatto di male? In fondo preferisco che picchino gli juventini, piuttosto che si droghino”. Sicuramente esagerato. Una volta venne invitato in trasmissione da Mike Bongiorno in segno di distensione fra Juventus e Fiorentina. Il Maestro agì di conseguenza e si soffiò il naso con la bandiera bianconera. Non aveva il raffreddore. PAOLINO PULICI Questa è per i cultori del calcio moderno, per i teoreti del fairplay, del terzo tempo (che si va a canestro?) e tutte queste simil ipocrisia figlie di un tempo violento spoglio e triste come questo. Paolino Pulici attaccante per definizione oltre a segnare una tripletta in un derby e in totale nove gol alla Juve, faceva una cosa semplice semplice prima di entrare in campo contro loro: si puliva i tacchetti sulla bandiera della Juve. Neanche lui aveva il raffreddore. Chiamatela pulizia del calcio.

OSVALDO BAGNOLI Osvaldo Bagnoli è stato un grande allenatore visto che è stato capace di vincere il tricolore con il Verona e di portare il Genoa al quarto posto, là dove il Grifone non era più volato. Il Verona lo aveva portato lui in serie A, il Genoa lo porterà in semifinale di Coppa Uefa andando a vincere ad Anfield 2-1. Gli Stramaccioni e i Mourinho d’oggi non raggiungeranno mai risultati simili. Osvaldo Bagnoli è stato un grande uomo, di quelli del calcio di una volta, cioè di quelli della volta che contava: dopo l’esonero all’Inter, era solo nel ’94, ha deciso di ritirarsi. Non era più il suo calcio. A 60 anni, quando oggi Osvaldo Bagnoli potrebbe insegnare a tre quarti degli allenatori di serie A cos’è una partita di calcio. E’ innanzitutto una sfida leale alla vita, fatta di lavoro e di sudore, piena di valore. Per questo quando il suo Verona venne ignobilmente eliminato dalla Juventus in una partita dai rigori inventati a porte chiuse ruppe un vetro nello spogliatoio. Vennero a chiederne conto i carabinieri, lui rispose: “Se cercate i ladri sono nell’altro spogliatoio”. Una volta, dopo aver perso col Verona all’Olimpico, si mise a guardare la Curva Sud, la domenica dopo ci sarebbe stato uno Juventus-Verona, la Sud gli cantò: “Vinci a Torino”. Non vinse, ma scelse sempre lo spogliatoio giusto.

STEVE ARCHIBALD Era l’anno dei Mondiali quelli dell’86 e altro che Paolo Rossi, ma Steve Archibald era sicuramente un ragazzo come noi. Noi ragazzi della Sud. Steve Archibald, scozzese di Glasgow, grande e biondissimo attaccante di una formidabile squadra qual è stato il Tottenham all’inizio degli Anni 80 (due Coppe di Inghilterra e una Coppa Uefa quando la Coppa Uefa era la coppa più bella e difficile di tutte) passò poi al Barcellona ed è lì che è entrato nei nostri cuori. Lui segnò il gol nella gara di ritorno a Torino che eliminò la Juventus dalla Coppa dei Campioni (e Pacione altro mito totale sbagliò tre gol a un metro dalla porta, grazie anche a te Marco). Era l’anno della mitica e piena rincorsa della Roma finita all’inferno col Lecce, quell’eliminazione a Roma fu veramente vissuta con gioia pura e bambina. Santa. Archibald è anche un modo per dire Rep, Mijatovic, Ricken eccetera eccetera tutti quelle persone di buona volontà che hanno impedito alla Juventus di vincere. Sul più bello, nella maniera più atroce. L’anno dopo la Juve venne eliminata dal Real Madrid. La Sud in un Roma-Udinese salutò Steve così: “Prima Archibald poi Butragueno, Juve m…. è finito il tuo regno”. Ragazzi come noi.

RENATO CURI Un tocco di lievità, di verità e di serietà. Renato Curi morto a 24 anni per un arresto cardiaco su un campo di calcio durante un Perugia- Juventus è stato anche un giocatore che ha deciso un campionato, quello del 1975-76. Era il 16 maggio 1976 a Perugia si giocava proprio Perugia-Juventus. Finirà 1-0 con il gol di Renato Curi. Nella storia le radiocronache di “Tutto il calcio minuto per minuto”: «Il Perugia è passato in vantaggio, rete di Curi su cross da destra di Novellino niente da fare per Zoff…». A quel punto l’intervento di Enrico Ameri «Scusa Ciotti questo è l’urlo del Comunale di Torino che ha appreso in questo momento la notizia che tu hai dato, ecco l’urlo del Comunale di Torino, sventolio di bandiere del Torino, la linea a Dalla Noce». No, fine.

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