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IL ROMANISTA Lassù

Gervinho Pjanic

(T. Cagnucci) Ma che davvero bisogna parla’ del rigore? Va bene, facciamolo e decidete pure voi se c’era o meno, però poi, qualunque sia l’esito, lo “scambiamo” con quello non dato sull’1-1 a Pjanic a Torino, sull’1-0 a Ljajic col Sassuolo, sullo 0-0 a Florenzi col Cagliari, sullo 0-0 a Gervinho a Bergamo e sull’1-0 a Maicon (fallo di mano di Canini) sempre con l’Atalanta? Quattro partite di fila, gli X files del campionato che hanno girato al momento e nel verso “giusto” la classifica. È pure una short-list, un’intramuscolo, appena un comma dei Cahiers de doleanceche ogni romanista giustamente ha (almeno dai tempi in cui “il gol di Turone era buono” offuscati dalle avanguardie postmoderne del “gol di Peluso era buono”). Ah, poi il rigore c’era e questo è confortante perché comunque, anche se non era decisivo (sul 2-1 di una partita dominata e vinta molto più del 3-1 finale) non è bello ritrovarsi regali che non vuoi, vantaggi che non chiedi, aiuti che non speri. Perché si dice sempre che “sarebbe bello vincere una volta rubando”, ma non è vero, non è così. E’ un si dice che si dice e basta.

Il tifoso della Roma fa da solo. Al tifoso della Roma basta la Roma, abituato a sentirsi dire di tutto da tutti (anche di essere quello che non potrà mai essere: come la Juve). Ma i dubbi lasciamoli agli altri, l’essere o il non essere ad Amleto, che stava ad Elsinore, non a Verona dove, si sa, invece Shakespeare ci ha ambientato Romeo e Giulietta e ieri Gervinho ci ha girato la prima versione reggae della storia. Nessun duello, nessun rancore, ma – citando sempre il Bardo – “Amore corre verso Amore” (Atto Secondo, Scena Seconda, Giardino dei Capuleti). Gervinho ha bisogno d’aria. Il suo calcio è libertà. Nelle stanze strette non ci sta. Il suo calcio è senza difese, non offende l’avversario: è una corsa per correre e basta, è il concetto stesso della prateria, è un pensiero all’orizzonte e al sole, senza approdo, senza lucro, è una continua conquista dello spazio senza sottomissione, lasciando i popoli liberi di ballare il suo calcio-reggae. La sua Africa. E ieri è finita così: con le treccine rasta sotto al balcone dei tifosi della Roma. Sì apposta i tifosi della Roma li avevano confinati così in alto, nel loggione paradiso, schiacciati verso il soffitto del Bentegodi: volevano tenerli più lontano, ma “Amore corre verso Amore”, cioè corre verso quel settore. Che adesso è un affaccio sui sogni. Le vertigini cominciano ad avercele gli altri. William Shakespeare Garcia per essere in tono col romanticismo di questa partita (il Verona resta sempre l’ultima partita fatta da Ago con la Roma), prima di giocarla in conferenza aveva detto: “Il destino non è nei nostri piedi”, ed è vero: sarà sempre nel cuore innamorato dei suoi tifosi.

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