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IL ROMANISTA Olimpico, che tesoro che sei

Curva Sud

(D. Galli) È stato talmente magico questo Olimpico, è stato talmente tanto dodicesimo, che anche i più miopi e più sordi se ne sono accorti. L’altra notte contro la Juve s’è consumato il più grande atto d’amore degli ultimi anni. Il più grande spettacolo dopo la Roma per una volta non è stata solo la Sud, la Curva, il simbolo, la leggenda che si tramanda di partita in partita, di stagione in stagione, di padre in figlio. Per una volta, per la Juve, il più grande spettacolo dopo la Roma non sono stati solo i palloncini della scenografia dei Distinti, i cori che li frastornano, l’impauriscono, i fumogeni sopra lo stendardo che t’invadono la vista, t’uniscono, t’affratellano nel nome di quei due soli colori, per una volta lo è stato tutto: il boato dell’Olimpico, il settore ospiti che si fa piccino piccino, l’unica sciarpata di cinquantamila romanisti.

Garcia ha avuto quello che chiedeva, cercava il sostegno di uno stadio intero perché della sua Curva non aveva dubbi, la Curva – la Sud, ma dedicate attenzione anche a quei ragazzi della Nord, là sotto, voci, sentimenti, pulsioni – c’è sempre stata e sempre ci sarà, con qualunque risultato e qualunque avversario. Garcia in conferenza s’appellava alla gente sua, quella romanista, a un Olimpico immenso. Lo ha avuto. Questo stadio è stato un tesoro, per una notte in tutti i sensi. Per davvero. Lo è stato perché ha spinto, cantato, urlato, s’è incazzato, ogni volta che De Rossi calciava quella palla era come se fosse accompagnato da centomila gambe, milioni di muscoli, una potenza sola. Un Olimpico così è stato qualcosa di indimenticabile, una notte di quelle da cerchiare sul calendario della vita.  Un Olimpico così ha fatto registrare il pienone d’amore e di presenze. Le più banali sono state quelle alla tivvù, i telespettatori sono stati 9.320.998, per uno share del 31,20%.

Vabbé. La cosa più fica è un’altra e riguarda le altre presenze. Quelle vere, quelle della bolgia, dei Candela che si sono confusi tra la folla, dei ricchi e dei poveri, dell’umile e dello spaccone, delle tante anime di Roma che si sono ritrovate assieme per sostenere l’unica Roma. Allo stadio di presenze vere vere ce n’erano 56.557, juventini compresi.  E l’Olimpico è stato un tesoro in tutti i sensi, perché non lo è stato solo per Garcia, per De Rossi, per ognuno di quei giganti che è sceso in campo l’altra notte. Lo è stato anche per il botteghino, per le casse della società: Roma-Juve è valsa 1.737.883 euro. Primato stagionale, record di spettatori e d’incasso. Una Roma così si sta quasi ripagando gli ingaggi. Finora tra campionato e Coppitalia ha fatto guadagnare a se stessa 15.271.575 euro, rateo abbonati compreso. Sono una trentina di miliardi di vecchie lire. Non fate calcoli, niente voli pindarici su quello che allora la società potrà spendere o no sul mercato. Sono sciocchezze. Queste cifre sono semplicemente un termometro di quanto può valere anche per il bilancio la Grande Bellezza. La Grande Bellezza. Ma voi, tranquilli, potete chiamarla la Grande Roma.

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