(R.Sensi) Tutti, sia in Italia che nel Mondo, aspettano i Mondiali del Brasile 2014. Le aspettative per noi tifosi della Nazionale sono alte, anche perché l’Italia è stata campione del mondo per ben quattro volte e la nostra speranza, neanche molto celata, è di poterlo essere per la quinta. Il nostro Mister, Cesare Prandelli, in questi anni ha fatto un ottimo lavoro per “costruire” la squadra anche se di fronte, forse, ci troveremo nazionali più forti come il Brasile, la Spagna e l’Argentina.
Bisogna anche chiedersi cosa succederà in futuro se la nostra Nazionale non riuscirà a raggiungere gli obiettivi attesi? Se le cose non dovessero andare come speriamo, non sarà certo solo responsabilità del nostro allenatore o dei nostri giocatori. Avere un progetto, significa anche pensare al futuro, che ci può essere garantito solo dai nostri giovani talenti in erba. Basta leggere come sono composte le rose delle squadre primavera delle principali società che militano in serie A. Almeno il 50 per cento dei giovani calciatori è straniero.
I presidenti delle nostre società fanno certo l’interesse delle loro squadre cercando giovani talenti all’estero, ma i nostri ragazzi? Possibile che si registra un così massiccio interesse per i talenti stranieri e non per quelli italiani? Non è accettabile che esista una normativa che regola l’accesso degli extra comunitari per le prime squadre e poi vedere come nelle giovanili ci siano così tanti stranieri. I ben pensanti e gli esperti di calcio parlano sempre dei vivai e di come farli crescere ma tutto rimane nelle interviste in televisione e sui giornali, la realtà poi è un’altra.
Quello che stupisce è che non solo Milan, Inter, Juventus o la Roma hanno numerosi stranieri in rosa, ma anche le società minori sono insolitamente piene di giovani non italiani. Il problema può essere analizzato con più punti di vista, ma due sono i principali.
Il primo riguarda sicuramente la Nazionale del futuro. Schiereremo giocatori naturalizzati con passaporto italiano, o apriremo la nostra Nazionale, come in altri sport, a giovani non italiani? Quale può essere la soluzione che consente ai Presidenti di società di non sostenere costi eccessivi e di incoraggiare la crescita di giovani talenti italiani?
Il secondo, che ricorre spesso tra gli addetti ai lavori, è quello di credere nei nostri giovani talenti. Questa è una provocazione ma, quando s’insegnano ai giovani, valori come sacrificio, responsabilità e capacità di affrontare i problemi della vita, dobbiamo anche suggerirgli di modificare il loro cognome per essere notati? Ormai il calcio è diventato puro business, come sostiene qualcuno, ma piace pensare che la passione e la speranza che nutrono i nostri giovani possa essere naturalmente alimentata dagli esempi. Il nostro Paese deve ripartire anche in questo, credere nei propri giovani, e tutti ma proprio tutti, inclusi i nostri politici, devono agire in questo senso. Ma se a questi ragazzi l’esempio che si da è quello che vince sempre il più furbo, non è certo un modo per nutrire speranze e cambiare le cose. Il mondo del calcio è la nostra quarta industria e produce un importante fatturato per tutto il movimento sportivo italiano, allora “aiutiamo” i nostri presidenti a far crescere i giovani, magari con soluzioni diverse da quelle esclusivamente onerose, magari proponendo che la nostra “Coppa Italia” si giochi in un unico contesto temporale e soprattutto con soli giocatori italiani. Poter suggerire proposte è facile, ma il mondo del calcio deve imparare a raccogliere tutti i consigli, smettere di discutere e iniziare a fare, ma finalmente fare!
Tornando ancora una volta a parlare della Nazionale Italiana di calcio, 4 volte Campione del Mondo in un secolo di football, è opinione comune che il calcio italiano si sia dimostrato il vero punto di forza europeo, nei confronti del Brasile e del Sud America, al punto da caratterizzarsi per qualità tattiche, psicologiche e grande determinazione. Il prodotto italiano, nel calcio, è di assoluta eccellenza e questo spiega il notevole successo della nostra scuola sul piano tecnico, con esportazione di allenatori in tutti i maggiori tornei. Fermare questa catena produttiva per sposare in pieno la via della valorizzazione e del commercio dei campioncini di altri continenti, può essere devastante. La spiegazione è logica: gli italiani alla lunga sono vincenti, gli stranieri che portiamo a casa sono solo terze scelte e vengono da noi perché scartati da Barcellona, Real Madrid, PSG, Manchester United, Chelsea ed Arsenal. Non a caso le ultime importazioni sono gli avanzi delle cantere di Barca e Merenghe, con la prospettiva di vedere in futuro i Messi in Spagna e le loro riserve in Italia. Questo porterebbe ad una non competitività internazionale ed alla progressiva perdita di ogni valore Nazionale.