Luca Di Bartolomei, figlio dell’indimenticabile Agostino, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni sulla chiusura delle Curve e molto altro:
DISCRIMINAZIONE TERRITORIALE – “La discriminazione territoriale così come è attuata oggi è sbagliata. Sparuti gruppi di non tifosi possono rovinare la festa a molti, comprese le società. Bisogna limitare un certo genere di cori, ma è semplice complesso capire dove sia il discrimine tra un coro simpatico e un coro molto fastidioso. Si possono sfottere gli amici del Napoli con tante altre metodologie. Non penso solo al Vesuvio, anche il colera ha fatto vittime e ha cambiato la vita di molte famiglie. Ma chiediamoci una cosa: se fosse il Modena oggetto dei cori, i tifosi inneggerebbero a un altro terremoto?. La norma? È assurdo che a Roma la norma sia applicata in maniera stringente e in altri stadi meno, questo è scorretto nei confronti di una città. Giulietta è ‘na zo***la è simpatico, per esempio. La satira, stile Vernacoliere, può avere dei toni di salacità, bisogna essere in grado di regolarla. Penso a un incontro internazionale tra una squadra tedesca e una squadra israeliana, dove si può arrivare? Meglio rimanere nello scherzo senza sfondare nell’offesa e nel cattivo gusto.
LA LEZIONE DI AGOSTINO – “Valida per quei tempi. Il calcio oggi è cambiato, come è normale che sia, inizio però a rassegnarmi sul fatto che sia cambiato in peggio, soprattutto in Italia. Avevamo un giocattolo meraviglioso, ma abbiamo lasciato che venisse sfruttato e maltrattato sempre dalle stesse facce, dagli stessi personaggi. La lezione di Ago, tuttavia, può essere valida ancora per i giovani: il calcio è soprattutto un gioco, ma prima di tutto è educazione, cultura, cultura delle regole. Chi fa sport è un cittadino migliore. L’Italia è sotto anche in questo, sempre meno giovani fanno sport, all’estero c’è un senso civico più alto infatti. Eppure dovremmo essere votati allo sport anche climaticamente, visto che abbiamo mare, pianure, montagna, colline. Torniamo da Sochi con buoni risultati ma sporadici”.
IL CALCIO ITALIANO – “È lo sport più conosciuto nel nostro Paese e non si rinnova: dieci anni fa i giocatori avrebbero fatto a gara per venire in Italia. Può essere solo un problema economico? Sicuramente in parte, ma è anche la scarsa capacità dello sport di promuoversi. Nel calcio ci sono sempre le stesse facce, vedo pochissimi trentenni o quarantenni che fanno i dirigenti, eppure di corsi nelle università ne abbiamo attivati tanti. Dove sono questi ragazzi? Il calcio mi diverte, così come diverte molti italiani, ma è in crisi come lo è l’Italia, reclinata su se stessa e in cerca di un colpo di innovazione. La mia generazione è disillusa, in molti sono scappati all’estero e ora guardano l’Italia come un meraviglioso posto che non riesce a trarre linfa per andare avanti dalle sue bellezze. È il Paese che viviamo un po’ tutti. Scoraggiarsi? No, ma occorre una sana presa di coscienza di quello che c’è. Senza essere un propugnatore della rottamazione, ma credo che chi nel calcio sta da trent’anni, o i loro figli ad esempio, forse oggi potrebbe azzardare e fare altro”.
LA GEA E LA LETTERA APERTA – “Non mi aspettavo una risposta, è stata fatta unasumma di immagini messe insieme un po’ alla buona, non penso ci sia stata una mancanza nei confronti di Ago. Credo solo che ognuna di quelle storie meritasse più approfondimento. Sono felice però che la Gea abbia deciso di ricominciare a partire da un tema così importante come quello del retirement. L’evento in Senato? Mi fa rabbia che quella presentazione sia avvenuta in un luogo sacro della Repubblica e alla presenza di parlamentari e personalità delle istituzioni romane: mi farebbe piacere che queste persone usassero la loro influenza per trovare quelle tante piccole storie di sport che i ragazzi, vincendo la burocrazia e la complessità di arrivare a fine mese, provano a trasformare la loro passione in un lavoro. Ecco, vorrei che tutte queste istituzioni stiano più vicine a quei giovani che provano a fare calcio in maniera sana, diversa: chi insegna ai ragazzi a non simulare il fallo, chi dice ai genitori che stare così dietro alle reti è sbagliato. Se le istituzioni danno giustamente una seconda possibilità a chi ha sbagliato e poi ha trovato un modo per emendare, la si deve dare anche a chi non ha sbagliato mai e, anzi, prova a costruire qualcosa di buono”.
IL PENSIERO DI AGOSTINO – “Una perenne ricerca, un percorso. Ci sono giorni in cui hai una forte mancanza, una forte rabbia. Ma io ho avuto la fortuna di vivere a Roma, dove mi sono confrontato con gente che ha visto giocare Agostino e che vedeva in lui molto più di un giocatore. Nonostante il dramma del lutto è stata una vita gioiosa, anche nel dolore della perdita. Adesso che sono diventato padre alcune cose mi mancano: l’idea di potergli far vedere suo nipote che cresce mi manca. Quando ho visitato la mostra Roma Ti Amo ho visto la maglia di Agostino e mi è venuta forte la voglia di portare mio figlio Andrea, che ha solo 32 giorni, per fargli vedere anche solo inconsciamente chi era suo nonno senza celebrazioni, facendogli solo una foto… Questa cosa un po’ mi manca, ma credo sia naturale”.
LA SUA ROMA – “Scudetto? Non lo so se ce la faremo, ma noto che al di là della singola stagione oggi la Roma ha una progettualità. E che gioca il miglior calcio d’Italia, insomma: divertiamoci anche”.
LUCA OGGI – “È già grande, alla mia età negli Stati Uniti o in Inghilterra ci sono fior di manager… A 30 anni una persona deve provare a fare qualcosa di interessante per il proprio Paese. Fortunatamente in questo momento riesco a divertirmi, ho unito le mie passioni, quella della politica prima di tutto, al lavoro. Oltre a questo faccio consulenza legale, con tutte le difficoltà del momento. Se questo Paese credesse un po’ nei giovani che operano nella disattenzione dei media avrebbe una miniera. Noi invece li formiamo, li paghiamo e poi loro vanno all’estero”.
Fonte: Goldtv, La partita perfetta