(M. Gaggi) – «Non andrebbe mai detto, perché quelli sono stati giorni molto brutti per tutti i fan della Roma. Ma, visto a distanza di tempo, la sconfitta nella finale di Coppa Italia ha funzionato da molla per una svolta radicale. Senza quella scossa forse avremmo continuato cercando di migliorare qua e là. Invece quella frustata ci ha spinto a rivoltare tutto. E ha funzionato». La Roma che non molla nell’inseguimento della Juve, la miglior difesa d’Europa. Mentre nella Capitale la Roma vara un aumento di capitale da 100 milioni di euro e annuncia il rinnovo per altri tre anni del contratto del direttore sportivo Walter Sabatini, dall’altra parte dell’Atlantico James Pallotta si gode la stagione di successi e si concede un piccolo bagno di folla. Allo Stock Exchange, la Borsa di New York, ci va da investitore di Raptor Capital,per ascoltare i giovani delle «start up» tecnologiche italiane di ItaliaCamp. Ma alla fine anche gli imprenditori digitali si mettono in fila per la foto e l’autografo.
I successi inorgogliscono il Pallotta presidente e sono la necessaria premessa degli sforzi del Pallotta imprenditore, che si dice deciso a fare di Roma «il marchio sportivo più importante al mondo». Un progetto che poggia su varie gambe, dal contratto decennale con la Nike alla modifica del logo (Roma, senza più l’A.S. al quale molti tifosi erano affezionati): «Lo so, ci sono vecchi tifosi che si sono arrabbiati. Capisco, e mi dispiace: i nostri fan a volte sono difficili, ma sono incredibili, i migliori del mondo: una grande forza per noi. Ma il logo deve essere qualcosa di riconoscibile ovunque nel mondo. Roma lo è, AS no. Ero stanco di sentirla chiamare, all’estero, A.C. Roma ».
Ma adesso i pensieri sono tutti per lo stadio, la gamba principale del progetto per costruire una società molto solida alle spalle della squadra: «Lo presenteremo a fine marzo. Modernissimo, pieno di tecnologia. Vedrete: in Europa non c’è nulla di simile. C’è qualcosa negli Usa: a San Francisco e Kansas City». Pallotta non entra in dettagli, ma dovrebbe trattarsi di un impianto da 55-60 mila spettatori, costruito per il calcio, ma nel quale si farà molto altro. Con l’afflusso della gente a Tor di Valle favorito anche da un nuovo sistema di viabilità: uno svincolo apposito sul Raccordo anulare mentre per il metrò si pensa alla fermata«Curva Sud».
Un luogo sempre in attività, come il Madison Square Garden, il palasport di Manhattan, dove tra basket, concerti, hockey e meeting di vario tipo, le luci non si spengono mai: «Sarà una struttura modulare che potrà essere adattata a manifestazione da 15, 25 o 45 mila spettatori» spiega il presidente della Roma. Ne faremo almeno 200 l’anno, partite comprese: concerti, rugby, anche un festival del jazz».
E col sindaco Ignazio Marino come va? Qualcuno temeva fosse poco sensibile a questo tipo di iniziative. «Benissimo» risponde Pallotta. «Il sindaco ha vissuto e lavorato per molti anni negli Stati Uniti. Comprende benissimo il valore di un’opera che arricchisce la città, offre nuove opportunità e nuovo lavoro e non costerà nulla al contribuente: tutti soldi privati». Di banche italiane? «No, istituzioni finanziarie americane. Ne parleremo alla presentazione ufficiale dello stadio a fine marzo ». E i tifosi quando potranno entrare nella loro nuova casa?«Dipende da quando cominceranno i lavori. Iniziando ad agosto, potremmo farcela in due anni».