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GAZZETTA DELLO SPORT Arbitri-Televisione, sfida impossibile: parliamo di errori ma con serenità

Braschi

(F.Ceniti) – Non molto tempo fa un felice slogan pubblicitario recitava: «Ti piace vincere facile». Ecco, ogni maledetta domenica (ma si può benissimo cambiare il giorno) va in scena una partita sbilanciata e dall’esito scontato: quella tra arbitri e la televisione. Da una parte due occhi umani, quindi fallaci, che possiamo moltiplicare per 5 tenendo conto di assistenti e giudici di porta; dall’altra 20/25 telecamere messe in ogni parte del campo a coprire tutte le possibili prospettive di un’azione, compresa quella dall’alto. Il confronto è improponibile. Eppure c’è la corsa ad analizzare gli episodi critici come rigori, fuorigioco, falli violenti, paragonando la decisione presa in un attimo da una persona che inquadra quell’evento in uno spazio preciso con tutte le difficoltà connesse con quella virtuale dei replay.

L’arbitro versus un regista che può scegliere la prospettiva migliore, cambiare l’angolo di visualizzazione, rallentare e fermare l’immagine fino a cristallizzare il momento topico. E se questo non basta a eliminare i dubbi, può far ricorso ad altri espedienti, tipo le linee tracciate per scovare i centimetri del fuorigioco o per capire se la palla è entrata in porta. Non c’è partita, non può esserci partita. Eppure la meraviglia quasi sempre non è per l’assistente che grazie al lavoro, gli allenamenti e l’esperienza riesce nel miracolo (perché è un miracolo: provate a fare un tentativo) di percepire un fuorigioco di mezzo metro oppure il contrario. Stessa cosa accade per gli arbitri: hanno a disposizione una sola cartuccia, se tutto va per il verso giusto (e non è certo un caso) sono nella condizione migliore per giudicare, a volte sbagliare.

Altrimenti devono sperare che la tv non sbugiardi il loro lavoro facendo vedere cose diverse da quelle percepite in campo. Un grande ex arbitro (e designatore) come Paolo Casarin ieri ha ricordato questo paradosso sul Corriere della Sera. Il rigore non dato al Torino rientra tra quelli «svelati» dalla televisione: alzi la mano, tra gli sportivi neutrali, chi in diretta non abbia esclamato «simulazione» vedendo la strana caduta di El Kaddouri. Quella realtà unica e irripetibile è stata spazzata via dalla moviola: non dal primo, neppure dal secondo replay. E’ stata la terza riproposizione dell’immagine (con il regista che ha individuato la prospettiva migliore) a farci cambiare idea: «Sì, c’è lo sgambetto di Pirlo».

I fischietti sbagliano, come tutti. Ma alcuni errori sono diversi dagli altri e hanno il marchio della tecnologia (come detto ieri da Braschi). Fare gli arbitri è sempre stato un mestiere duro. Negli ultimi anni lo è ancora di più. Chiedergli di competere con 25 telecamere è ingeneroso: parliamo pure degli errori, ma senza esasperazioni. Anche perché «vincere facile» non è il massimo della sportività.

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