(A. Catapano) – Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo due giorni fa, nel momento più critico del nubifragio, se Roma-Parma fosse stata in programma all’ex ippodromo di Tor di Valle, nel nuovo magnifico stadio giallorosso, fiore all’occhiello di una cittadella polifunzionale in cui ci si può perfino divertire in un parco giochi griffato Disney. I quarantamila romanisti sarebbero stati al sicuro in un impianto costruito su un’ansa del Tevere, secondo gli ambientalisti a rischio esondazione? E dopo il rinvio della partita, dove si sarebbero diretti per tornare a casa? Sulla via del Mare poco più in là chiusa al traffico per allagamenti? O avrebbero «invaso» il Torrino già stressato da buche e smottamenti? E siamo proprio sicuri che nei dintorni dello stadio avrebbero trovato infrastrutture finalmente adeguate?
«Le pagheranno tutte i privati», ripete da giorni Ignazio Marino, quasi a voler convincere innanzitutto se stesso. Ecco, al sindaco che in queste ore ha rispolverato il suo passato ambientalista («Mai più piani edilizi nelle zone di esondazione del Tevere!», ha promesso), giriamo gli appelli di una popolazione esausta che non sa che farsene dei panem et circenses romanisti. «Lo stadio? Prima pensassero a risolvere i problemi dei cittadini», chiedono gli abitanti di Tor di Valle. Cosa risponde Marino? Davvero il sindaco è convinto che il nuovo stadio della Roma in quella zona migliorerà la qualità della vita dei suoi cittadini?