(V.Piccioni) – Ma quanti secoli ha vissuto? È la prima cosa che ti viene in mente quando leggi la biografia firmata da Marco Impiglia, «Fulvio Bernardini/il Dottore del calcio italiano», Kollesis editrice, con le prefazioni di Italo Cucci, Giancarlo Abete e delle due figlie di Fuffo, Clorinda e Mariolina. Sì, Bernardini del rione Monti, l’uomo a cui è intitolato il centro sportivo giallorosso a Trigoria. A proposito, ma a Garcia, nei giorni del contestato uso del cellulare, hanno mai raccontato di un precedente «bernardiniano», una «partita transistor» all’Olimpico in cui, squalificato, Fuffo prese a dirigere il traffico in campo dagli spalti? Allenava il Bologna, era il ‘64, quell’anno vinse lo scudetto…
Banchi & gol Bernardini è stato uno straordinario frullato di vita. Studente-calciatore, al pallone univa 10-12 ore sui libri nei periodi morti della stagione, fino alla laurea in Economia e Commercio. «L’ultimo esame di diritto pubblico l’abbiamo dato domenica mattina in uno stato di stanchezza deplorevole», scrive nel suo diario. Giocò e fece gol senza una scarpa. Nel 1931 segnò e interpretò nel Roma-Juve 5-0 di Campo Testaccio diventato film: «Domenica sera sono andato a trovare i giocatori della Juve. Mi sono intrattenuto con Combi e Gola, con gli altri è stato impossibile scambiarsi anche un solo saluto». Ma Fuffo fu anche una serie di antagonismi, qualche volta affettuosi, qualche altra no: con Pozzo, Onesti, Herrera, Brera, Bearzot. Impiglia li attraversa con scrupolo, senza lasciare neanche una briciola.
A caccia di emozioni Nella biografia non si dimentica neanche il Bernardini giornalista e quello che scrisse un giallo, nella Roma appena liberata del 1944, naturalmente con il calcio protagonista. O il Fuffo tennista, con un curriculum riempito pure da una sfida con Mussolini. Però l’emozione più grande per noi, ragazzini quando Bernardini prese in mano l’Italia dopo il disastro dei Mondiali di Germania ’74, è rappresentata proprio dall’innamoramento per il calcio totale dell’Olanda di Cruyjff; il mare di convocazioni che aprirono a molti le porte azzurre; quella mitica, coraggiosa sconfitta per 3-1 a Rotterdam, con l’illusione del gol di Boninsegna. Perché Fuffo «voleva vincere, ma giocando». Oggi pomeriggio, alle 17, il libro sarà presentato alla Canottieri Lazio (Lungotevere Flaminio 25). E già perché Bernardini fu anche questo: portiere, centravanti, mediano; un grande romanista cresciuto nella Lazio.