(M. Calabresi) – Loro, i Roma Club con gli striscioni capovolti in tribuna Tevere, i cori partiti dai Distinti li hanno sentiti da vicino. Goliardia? Voglia di sfidare le istituzioni? Tutto può essere, fatto sta che la Roma peggiora la sua situazione partita dopo partita. «La protesta dei tifosi credo voglia evidenziare la stupidità di certi provvedimenti – dice Fabrizio Grassetti, presidente dell’Utr –. Spero solo che i cori vengano interpretati come un tentativo di ironia da parte del pubblico romanista: per intenderci, non come quando (nel 2007, ndr) l’autore dello striscione “A noi ce s’è rotto er fax” contro la burocrazia per portare striscioni allo stadio fu colpito da Daspo, poi revocato. A Bergamo siamo stati accolti da una coreografia fatta di carri armati: quella non è discriminazione territoriale? Devono ribellarsi prima di tutto le società».
Esame di coscienza L’unico striscione «dritto» durante Roma-Sampdoria, esposto dall’Associazione Italiana Roma Club, recitava: «Non c’è vera Roma senza il tifo, riaprite le curve». «La norma è sbagliata, nessun dubbio – sottolinea il presidente dell’Airc, Francesco Lotito –. Però dopo gli episodi di domenica sarebbe giusto farsi un esame di coscienza, per il bene della Roma. Fin quando queste norme ci saranno, è quasi masochistico continuare con questi cori. Quello su Napoli e il Vesuvio è pittoresco, nessuno vorrebbe l’eruzione del vulcano, ma la Roma non può permettersi di giocare le partite senza i propri tifosi. Perché si continua a fare quel coro?». Appunto, perché?