Ci ha messo quasi 9 anni a riaffacciarsi al San Paolo, ma forse non poteva scegliere serata migliore. Perché il suo Napoli ha spazzato via la Roma-meraviglia di Garcia, andandosi a prendere la nona finale di Coppa Italia della sua storia (3 o 7 maggio all’Olimpico di Roma, contro la Fiorentina) e perché la sua gente non vedeva l’ora di riabbracciarlo da vicino. Già, perché c’era anche Diego Armando Maradona al San Paolo per festeggiare il trionfo azzurro, in quello che è stato per 7 anni il suo tempio ma dove mancava dal 9 giugno 2005, giorno dell’addio al calcio di Ciro Ferrara. Ci è tornato proprio quasi 9 anni dopo, in un tripudio senza fine.
FIAMMATE AZZURRE — Che fosse una partita destinata ai fuochi d’artificio lo si era capito già dal via, con due formazioni ancora più offensive di quanto sia già nel loro dna. Garcia, infatti, in extremis deve rinunciare anche a Maicon (riacutizzarsi del dolore al ginocchio, entrerà nella ripresa) e lancia Bastos, all’esordio stagionale da titolare. Benitez invece lascia fuori Behrami ed in mezzo al campo sceglie Inler e Jorginho, per implementare ancor di più il potenziale offensivo. E dopo appena 3′ di gioco la Roma potrebbe già passare, con Reina bravo a chiudere lo specchio a Destro a tu per tu con il portiere napoletano. Azione che si ripete in fotocopia poco dopo, sempre con palla tagliata di Ljajic da destra a sinistra e Reina che questa volta anticipa il centravanti giallorosso, prendendo anche un colpo al ginocchio sinistro. Scampato il pericolo, il Napoli aumenta i giri al motore ed alza il baricentro del gioco, con un pressing ultraoffensivo sui portatori di palla avversari che gli fa guadagnare campo e palloni, ma mai tiri in porta. Ci vuole così un erroraccio in disimpegno di De Rossi al 10′ a lanciare Mertens, messo giù a campo aperto da Benatia a 40 metri dalla porta (giallo per il marocchino). Nonostante il predominio territoriale, il Napoli non mette mai davvero paura a De Sanctis (per lui solo qualche fischio dagli ex tifosi), se non con un tiro da fuori alto di Hamsik. Anzi, ad avere la palla buona per passare è ancora la Roma in mischia, con Ljajic che al 24′ calcia alto da buona posizione. Quando le carte in tavolo sembrano poter cambiare, al 33′ Maggio (con la responsabilità di Bastos) pennella il cross perfetto per Callejon, che si infila tra Benatia (non irreprensibile) e Castan e di testa trafigge De Sanctis. Due minuti dopo, poi, su una ripartenza Higuain trova il varco giusto per Hamsik, che da 40 metri prova la magia con un pallonetto che finisce alto. Sarebbe stata l’apoteosi, in uno stadio elettrizzato fin dall’inizio per il possibile arrivo di Maradona.
TRIPUDIO DIEGO — La ripresa si apre con lo sbarco di Maradona al San Paolo e la parata decisiva di De Sanctis su Callejon. Ma il raddoppio è nell’aria e arriva proprio sul successivo angolo di Mertens, con Higuain che sovrasta Torosidis e di testa insacca il pallone del 2-0, in un tripudio tutto argentino tra l’idolo di ieri (Diego) e quello di oggi (Gonzalo). La Roma sembra narcotizzata ed allora ancora Mertens decida che è il momento di tramortirla definitivamente ed inventa un pallone delizioso per Jorginho, che in verticale supera De Sanctis con un tocco morbido e insacca il 3-0. I giallorossi, però, hanno la forza di reagire e trovano il gol (annullato per fuorigioco di Ljajic) con un colpo di testa di Strootman su palla inattiva, provandoci poi con Gervinho (destro fuori), Pjanic (punizione alta) e Destro (colpo di testa di un soffio out). Allora Garcia al 16′ si gioca la carta-Totti e ridisegna la Roma con il 4-2-3-1: Hamsik ci prova di testa, Destro prova a graffiare con una “bicicleta”, ma l’espulsione di Strootman al 34′ (applauso ironico a Rocchi) chiude definitivamente ogni gioco. Il resto per il Napoli è pura accademia, tra un coro per Diego, un’ovazione per il Pipita e la gioia di una finale voluta con tutto il cuore.