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IL MESSAGGERO Maicon, quando un Mondiale muove il sole e le altre stelle

roma fiorentina Maicon

(A. Angeloni) Il peso dell’esperienza, della classe. Della personalità. Alla fine poteva essere lui l’ago della bilancia. Sulla carta aveva il compito più difficile, perché sapeva che gli sarebbero finiti addosso ora Keita, ora Candreva, cioè gli uomini più pericolosi della Lazio, quelli che uno contro uno, spesso, ti vanno via. Risultato: Reja è stato costretto a togliere il ragazzino “spagnolo” perché non riusciva né ad attaccare il brasiliano né a rincorrerlo; quanto a Candreva, meglio se girava dalla parte opposta, quando doveva fare a corse con Torosidis. Tatticamente perfetto, insomma. Anche su Lulic, ottima sponda dell’uomo di fascia di turno o lui stesso ala quasi imprendibile.

SOSPIRO DI SOLLIEVO
Una specie di locomotiva, Maicon. Pure lui, evidentemente, colpito dalla stessa magìa che ha accompagnato le prestazioni di Benatia, di Gervinho e di altri su cui era montata l’indifferenza e soprattutto lo scetticismo di tanti. Figuriamoci se Maicon possa essere considerato un acquisto determinante, non gioca da due anni. Così si andava dicendo. Vedrete, c’è il mondiale, un anno, almeno uno, lo farà. Così lui rispondeva. In effetti aveva regione lui. Raramente ha steccato, spesso è stato determinante, sempre a fare su e giù per quella fascia. Contro la Lazio stava per finire ko, dopo uno scontro di ginocchio con Lulic. Smorfia di dolore, imprecazioni verso l’avversario, Bastos si scalda. È la fine, proprio Maicon deve uscire. No, rientra, zoppicando. Non ce la fa, è pronto Bastos. Niente, il ginocchio ricomincia a scaldarsi, la locomotiva riprende la corsa, ad altissima velocità. Una spinta che gli consente di tirare fuori il petto e di portare sempre la palla nella metà campo avversaria. Dal suo destro nasce il cross vellutato per Florenzi, poi il tiro (parato non proprio benissimo da Berisha) che porta Gervinho al gol (annullato). Tira fuori le unghie quando l’arbitro gli stoppa una ripartenza, rischia il giallo.

 

IL PESO DEL CAMPIONE
Maicon è un trascinatore, in campo e nello spogliatoio. Una bestia, lo definisce Totti, che sa cosa significhi avere dalla sua parte uno come lui. Un uomo segnato dalla vita, quando era piccolo è scivolato sotto una macchina e ha rischiato di morire, ma che la vista stessa gli ha regalato tante soddisfazioni, famigliari e sportive. Ha vinto tutto e non gli è bastato: dopo l’Inter vuole ripetersi con la Roma. Nel momento più complicato dell’esperienza in Inghilterra, dove sembrava un calciatore spompato, è arrivato Sabatini e gli ha chiesto se voleva rimettersi in gioco. «Ma torni davvero in Italia? Lì c’è la crisi, occhio», rispondeva Maicon a chi lo metteva in guardia. E lui rispondeva: «Ma quale crisi! Voglio tornare in nazionale e giocare il Mondiale in Brasile. La Seleção è tutto per me». Infatti gli sono bastate poche prestazioni, un gol e mezzo fin ora, e Scolari lo ha subito rivoluto in verdeoro. Il Mondiale, il suo chiodo fisso, si gioca in Brasile, poi Maicon si spegnerà ancora? Lo pensano in tanti. A pensar male – diceva qualcuno – spesso si dice la verità. Ma altrettanto spesso si prendono delle toppe clamorose.

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