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IL ROMANISTA C’è chi esulta per i pareggi…

Totti

(V. Meta) L’arbitro ha il fischietto in bocca, quando sui maxi schermi compare l’annuncio del 2-2 del Verona con la Juve. Basterebbe questo per raccontare quanto grossa sia l’occasione che la Roma perde pareggiando senza gol un derby senza spettacolo e pure senza grandi emozioni, che avrebbe potuto proiettarla virtualmente a -4 e invece nella migliore delle ipotesi la lascia a -6. Poteva andare peggio, insomma, ma contro una Lazio ben messa in campo ma non certo irresistibile, poteva andare anche molto meglio. Gervinho in giornata no, Totti in leggero debito d’ossigeno, in compenso il solito Benatia. Nessuna sorpresa nella formazione di Garcia, che preferisce la classe di Pjanic alla grinta di Nainggolan e conferma dal primo minuto Totti al centro del tridente completato da Gervinho e Florenzi. Reja, invece, oltre a lasciare in panchina Marchetti per Berisha, opta per il modulo con tre punte, Klose al centro, Candreva a destra e il giovane Keita a sinistra.

Sarà che la Sud esibisce la sua scenografia proprio al fischio d’inizio e per un po’ l’aria è satura di fumogeni, sarà che la Lazio che non doveva chiudersi invece si chiude benissimo e la Roma, che pure di suo non è precisissima, fatica parecchio ad arrivare in area avversaria, ma per vedere un tiro in porta bisogna aspettare un quarto d’ora: Maicon riceve palla sulla destra a ridosso del lato corto dell’area, ha il tempo di dare un’occhiata in mezzo e sceglie sul palo opposto Florenzi, che tutto solo potrebbe fare tante cose, ma preferisce calciare al volo, la coordinazione c’è, la mira no e la palla finisce altissima.

La Roma ci riprova al 22’, quando Totti va a battere una punizione al limite dell’area e pesca sul secondo palo l’inserimento di Benatia, Ledesma riesce ad anticiparlo in extremis. Tre minuti più tardi Gervinho si vede annullare per fuorigioco millimetrico un gran gol, ribadendo in rete una conclusione respinta di Maicon. La Lazio fa molto pressing, ma di veri pericoli per De Sanctis non se ne registrano fino al 36’, quando Lulic va via sulla destra e mette in mezzo per Ledesma, destro di prima intenzione e pallone alto. Per cinque minuti sale in cattedra Pjanci, prima con un servizio per Gervinho che conclude debolmente, quindi con un bel triangolo con Maicon chiuso dallo stesso bosniaco, che da ottima posizione al limite dell’area piccola perde il tempo per la conclusione e si fa togliere il pallone. Chiude il primo tempo un destro terrificante di Totti dal vertice destro dell’area, anche stavolta la palla è di poco alta sull’incrocio lontano. Quando si ricomincia, nella Lazio c’è Mauri al posto di Keita, con relativo passaggio al 4-1-4-1 (Ledesma davanti alla difesa, Candreva e Lulic esterni di centrocampo), e si finisce per giocare quasi sempre nella metà campo lato curva Sud, dove stazionano costantemente almeno dieci dei giocatori di Reja.

Trovare spazi è complicato, ma quando la Roma ci riesce spesso è la mira a fare difetto: succede a Gervinho al 7’ (slalom in area e sinistro sul primo palo messo in angolo da Berisha), a Pjanic, al termine di una bella azione di prima iniziata da Torosidis e rifinita da Strootman, e poi a Totti, che al 12’ si inventa un destro a giro che cambia improvvisamente traiettoria all’ultimo momento, ma non abbastanza da inquadrare la porta. Al 20’ fa il suo esordio in giallorosso Michel Bastos, che va a prendere il posto di Florenzi nel tridente: l’impatto non è esaltante, anche perché la squadra fatica a far arrivare davanti palloni giocabili, nonostante il solito gran lavoro di lavanderia di Strootman. Garcia prova a giocarsi la carta 4-2-3-1 inserendo Ljajic per Pjanic (il serbo va a fare il trequartista) e poi anche Destro per Totti nei dieci minuti finali. Al 40’ Strootman recupera un gran pallone e scambia con Ljajic, palla per Bastos che potrebbe mettere in mezzo ma preferisce concludere e il suo sinistro è deviato in angolo. Il brasiliano ci riprova un minuto dopo, stavolta il cross basso è perfetto, non fosse che Destro di fa anticipare in area piccola. I due minuti di recupero servono solo ad aumentare il senso di occasione sprecata.

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